Ho bisogno di musica e immagini e li prendo a piene mani, scrivere non mi basta, il flusso di energia che attraversa il mio cervello è troppo grande e impetuoso: a diciottanni avrei detto che è un impulso rock oggi ti dico la stessa cosa. Un attacco di chitarra, la batteria e il basso appresso, i pori della percezione che si dilatano a dismisura, cosa pensavate fosse la rivoluzione alla fine dei ’60 ? Percezione e corsa questo era, nessuno si pose allora il problema del dopo, non importava a nessuno fermare la corsa e fu giusto così; la musica suona ancora ed è per tutti, non ha più un’identità politica che allora era la sua matrice apparente, se è ancora vivo quell’accordo in fa significa che sotto c’era altra vita che se ne fregava del nostro bisogno di misurare e chiudere… Sono stati una Fender, un basso e una batteria a governarci. Tutti. Uscito da una sala concerto un pomeriggio incontrai per caso il ROCK, dietro l’angolo di una sonata di Schuman si era appollaiata la chitarra di Jimmy Page: impossibile spiegare la magia del pifferaio magico, lui da allora non ha mai smesso di stravolgermi, ha cullato i miei sogni vitali in quegli anni, dorme apparentemente sopito in questi lenti e finali. Se scrivo oggi è perchè si è risvegliato, l’ennesimo colpo di coda, la voglia di correre non muore mai.
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