Fa’ conto di vedermi seduto al Pc in una stanza silenziosa mentre guardo titubante le molte cose che ho posto qui davanti a me sul tavolo. La tentazione, la solita, è sempre quella di farne un grosso pacco e inviarvelo così com’è, che siate poi voi a sbrogliare la matassa. In fondo io la mia parte l’ho già fatta scrivendo il blog. Siamo fragili, tutti quelli che hanno un minimo di testa, che hanno amato davvero e quindi sofferto, tutti quelli che sanno mettere nero su bianco parte della loro vita intellettuale ed emotiva sono fragili Mimì, nessuno escluso. Non nego che la mia esitazione nello scrivere in privato è anch’essa legata alla mia fragilità e alla pletora di batoste prese sul web a causa dei miei blog. Siamo fragili ma questa è la conditio sine qua non affinchè io scriva: se fossi l’uomo scioccamente definito e sicuro, quello senza dubbi e dispensatore di certezze non avrei mai scritto un rigo, soprattutto in rete. Allo stesso modo, immagino tu l’abbia capito, sono giunto all’attuale situazione di chiusura sospettosa…ho fatto alcuni errori di valutazione che si sono rivelati micidiali nel tempo a seguire nel web. Danni che mi hanno costretto a defilarmi.
Il mio modo di scrivere è terribile nei rapporti virtuali, io so, credo di sapere, qual è il click che innesca certi drammi: io scrivo sempre del vero! Sono veri i personaggi e i luoghi, i particolari, le cadute e i sogni, le parole. Scrivo di me perché di altro non so scrivere e dandomi in pasto a chi legge spesso vengo gratificato con gesti indegni, da invidie e questioni che non c’entrano assolutamente nulla con la mia persona e la mia misura. Questo spazio vive in apparente tranquillità perché lo conoscono pochissime persone ed io non commento praticamente mai. Non mi fido più e non sono in grado di mutare la percezione che hanno di me all’esterno. Tutto questo incredibilmente risulta slegato dalla mia sintassi, dalla mia terminologia, dalla mia cultura dal mio passato…dal mio tutto. In rete io mi sono rivelato più che fragile, direi nudo e il fango l’ignoranza e la maleducazione si sono ampiamente divertite con me.
Qui non c’è moderazione, vorrei non doverla mettere mai più… poi penso che non scriverò mai più in rete e quindi la mia preoccupazione è pleonastica ma resta sempre in fondo una leggera apprensione che affiora di tanto in tanto. Però ti chiedo e mi chiedo come potrei scrivere in modo diverso un testo come questo? Cosa c’è che possa suscitare questioni? Quale commento? Eppure… Sono addivenuto alla conclusione che solo l’intuito, il flash immediato, il volo su tutto e tutti senza dimenticare il paesaggio che stai sorvolando, può aiutare chi mi incontra a comunicare sul serio con Enzo. Sono così stanco, mi rifugio sempre più in fondo. Non scrivo più Mimì è così difficile trovare un varco, interlocutori, sensi, ragioni, raccontarsi senza ferire in modo pregiudizievole. Palpebre e suoni è stata tutta scritta e impaginata in silenzio e solitudine. Il blog è lì, mi rappresenta, non posso disquisire io sulla mia letteratura, sulla sua effettiva validità.
Io quando scrivo sono fuori da tutto, non scrivo per nessuno in particolare apro il cuore e l’intelletto e mi lascio andare. Scrivere è la mia libertà non la baratterò con niente altro al mondo vorrei fosse anche quella di chi mi legge nell’attimo perenne dello sguardo che passa sulle parole. Ero così già a dieci anni, solo mia madre lo aveva capito a lei riusciva facile seguire il filo che si dipanava dai miei occhi di bambino alla grande libreria di casa. Ho avuto questa sensazione con te, per questo ti scrivo, per questo provo un gran piacere pensando che tu mi leggi.
Enzo
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