I luoghi mi lasciano ed io cerco di precederli, regalo una lunghissima carezza sul selciato di queste strade. Non ho nessuno a cui raccontare lo strazio silenzioso di questi distacchi. Vedo allontanarsi anche i viaggiatori perché le persone prima o poi svaniscono ed io scrivo appunti di viaggio per non dimenticare, io come molti altri qua dentro o altrove, miniature di anime che sorgono al mattino fuori da una stanza, da una vita, da un desiderio quando il viaggio è appena iniziato e la mia città solleva lento il suo sipario. Siamo soli, incerti guardiamo nei fondi del caffè frammenti di discorsi interrotti ma il conto non torna mai…Anche adesso mentre annoto l’ennesima sconfitta mentre percorro il lungomare e il primo sole sfiora palazzo Lampedusa e la luce mi colora le gambe.
Svolto verso la città, cammino lungo la sua storia e sono trasparente, invisibile a coloro che adesso ci abitano; nessuno di essi conosce la mia storia, nessuno ha sentito il giardino dietro il grande cancello, gli stucchi candidi dentro l’oratorio, l’inferriata piena di arabeschi del palazzo dimenticato dall’oggi e rivolto ad un passato inutile sempre più lontano.
Qui di me non resterà nulla e la palma incisa nella tenue tappezzeria azzurra del cielo mi incoraggia a chiudere il cerchio. Della vita o del pensiero non ha più importanza, com’è possibile che io adesso sia sereno?
Il mare da un lato la città dall’altro, è presto per nutrire dubbi ma io sono andato troppo lontano per avere il desiderio di tornare. Sei sola adesso tu? Nutro un ricordo feroce di te e non ti deve dispiacere, ci sono soli che nascono e muoiono senza memoria, soli che annegano in un vuoto temporale dove non c’è nemmeno una pagina, nemmeno un rigo. Io sono solo e tu forse dormi. Il resto… l'anima di certe notti infinite, il siciliano asciutto di questa parte d'isola, il senso del mare a due passi e la malinconia feroce e segreta di una conquista femminile improvvisa, per tutto questo ci ni voli tempu
Non contiamo niente, non conto niente, non significa niente quello che ci facciamo scorrere tra le dita dicendoci l’un l’altro che siamo e dobbiamo stare attenti ai nostri personali confini esistenziali; è tutto altrove e non so dirvi dove ma lo vedo, posato un po’ più in là sul mio orizzonte. Una beffa, l’ennesima o sempre la stessa? Scrivi Enzo, lascia una traccia, questa notte che ci sei, domani potrebbe restare solo chi ti legge le carte, senza il tuo intervento a correggere l’inutilità del vivere così. Senza il tuo commiato. La notte è bellissima, la pagina non è più bianca e i pescatori tra qualche ora torneranno a riva: avranno una stanchezza meritata e non scritta, migliore di questa mia accidiosa e mentale. Dormiranno poi e non ci sarà nulla da leggere o commentare.
Stanotte la notte è seria: niente storie, fa quel che vuoi, scrivi se ne sei capace e non chiederti nulla. Si scrive per camuffare o vestire di sé l’altra scrittura, quella che ci portiamo dentro, quella che non lascia spazio a svolazzi sintattici e che non degna nessuno di benevolenze temporali. Se stanotte non mi fossi messo alla tastiera non sarebbe cambiato nulla, il mistero di questa veglia gonfia di attese e ricordi si sarebbe spiegato in maniera diversa, non potrò mai sapere dove e come sarebbe giunto ad altri da me.
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