lunedì 30 giugno 2025

I MIEI LIMITI -

Non ero partito così. Mi piaceva lo scambio, il mezzo, la gente, veder fluire le idee, conoscere anime. Mi piaceva ma non sono cieco o sordo e non ho mandato il cervello in ferie. Mi sono reso conto a poco a poco che questa dimensione virtuale era il succedaneo di quella reale, peggiorata da molti fattori. Ho cominciato a dirlo, a scriverlo…senza peli sulla lingua perchè non ne ho e molti in rete invece li hanno, e sono peli lunghi. Lo dico senza orgoglio ma con pacata rassegnazione, ho piena coscienza dei miei limiti. Resterebbero tali anche se venissi colonizzato da una febbre nuova e trascinante. Giungere alla conclusione che è impossibile salvarsi, ecco il concetto primordiale che si stampa alla fine della risma di fogli che la mia mente ha prodotto in questi anni.

Anche in Iran c'è un'opposizione

GLI IRANIANI ANTI REGIME CHE RISCHIANO LA VITA OGNI GIORNO HANNO UNA OPINIONE BEN DIVERSA DAI PACIFISTI IN POLTRONA DI CASA NOSTRA. QUALCUNO SI DOMANDERÀ PERCHÉ?
 «Il mio cuore sanguina per il nostro popolo, non per un regime fondato sul sangue». Non piangono certo la morte dei pasdaran, gli oppositori del regime di Teheran. In molti casi fanno silenziosamente il tifo per Israele, comunque sono pronti a fare la loro parte, per la spallata definitiva al regime oppressivo degli ayatollah. È un passaggio drammatico per le sorti del loro Paese. E i dissidenti, gli esponenti della vasta e articolata diaspora iraniana, lo vivono con lucida speranza. La speranza è che la guerra appena scatenata possa segnare finalmente anche uno storico passaggio di regime. Sanguina e spera, il cuore di Masih Alinejad, attivista nel mirino del regime fanatico di Khamenei, da tempo in esilio negli Usa. Protagonista della campagna contro il velo obbligatorio, negli anni è diventata un volto simbolo della protesta delle donne iraniane. E oggi non ha remore. «L'eliminazione di un terrorista - sentenzia - è un passo verso la giustizia per tutte le vite innocenti che ha distrutto». Ha troppo sofferto, il popolo iraniano, per sentirsi tenuto a formule dettate dall'ipocrisia. Il capo delle Guardie della Rivoluzione Hossein Salami è morto? Masih sa bene chi fosse: «Non era un difensore dell'Iran. Era direttamente responsabile dell'uccisione, della tortura e dell'incarcerazione di manifestanti pacifici. Guidava una forza che incarcerava donne per aver ballato, per aver mostrato i capelli, per il semplice fatto di esistere liberamente». 
Dietro il paravento della teocrazia, gli esponenti del regime per anni hanno lucrato sugli iraniani, impoveriti. E ora? «Hanno intimato alla gente comune di resistere - li inchioda Masih - dai loro lussuosi attici con piscine sul tetto». E pubblica le foto: «Le bugie vengono a galla, un attico alla volta». La Repubblica islamica - ricorda - si è dedicata a «esportare terrore, provocare guerre e perseguire armi nucleari invece di rispondere alle richieste del suo stesso popolo». La stessa responsabilità dell'attacco israeliano viene addebitata al regime. Chiarissime le dichiarazioni di Reza Pahlavi, figlio maggiore dell'ultimo «scià» di Persia: «Nella loro sconsiderata ricerca di armi nucleari - dichiara - Ali Khamenei e i suoi scagnozzi incompetenti e criminali hanno trascinato l'Iran in una guerra e messo in pericolo il popolo iraniano. Sono responsabili». «Ma il regime è debole e diviso - avverte - Potrebbe cadere. Come ho detto ai miei compatrioti: l'Iran è vostro». Il figlio dell'ultimo monarca di Persia lancia un appello «alla polizia e alle forze di sicurezza». «Rompete con il regime - dice - Onorate il giuramento di ogni militare onorevole. Unitevi al popolo». E alla comunità internazionale: «Non gettate un'altra ancora di salvezza a questo regime terrorista morente. Questo è ciò che chiede il popolo iraniano ed è nel migliore interesse della pace». Anche in Italia, la comunità iraniana si schiera con pochi dubbi. «Il conto alla rovescia per Khamenei e la sua Repubblica Islamica è iniziato» osserva Ashkan Rostami, membro dell'«Iran Transition Council», che avverte: «È il momento per gli oppositori al regime di unirsi ovunque siano. Unità Nazionale per la transizione dalla Repubblica Islamica». In un momento simile, la sola possibilità che qualcuno a sinistra, manifestando contro Israele, possa puntellare il regime fanatico degli ayatollah, è vista come un clamoroso abbaglio. «Noi iraniani - dice Rayhane Tabrizi - non abbiamo bisogno che voi facciate le manifestazioni per noi mettendo la bandiera schifosa del regime della Repubblica islamica nella vostra locandina. Ridicolo. »

Una misura civile

La libertà di lettura avrebbe un valore maggiore se fossero presenti due componenti fondamentali: varietà di opinioni e misura e civiltà nell'esporle. Mi pare che siamo lontani da questo obiettivo, i social nel loro insieme hanno aggravato il problema invece di mitigarlo. Penso che la misura civile cui io faccio riferimento sia finora possibile solo sul cartaceo e non in modo assoluto. Ti chiedi dove siamo finiti? Sei sul blog di un uomo che ha passato i 70 anni e che scrive in rete da 20 anni, prima scribacchiava su blog notes e pensa seriamente di tornare a quella dimensione. Che il termine libertà sia da sempre abusato, mistificato, usato in modo improprio è sotto gli occhi di tutti ma io sono stanco, stanchissimo di discussioni, le lascio ad altri e mi tengo questi testi frutto di anni di vita mentale

TIPI D'AMARE -

Nessuna certezza? Tutte le certezze! I maschi son tutti facilmente conquistabili: non ne ho conosciuto uno che sia uno che non fosse disposto a una serie di pazzie solo per due gambe ben accavallate. Per gli uomini la faccenda è un po’ più complessa, soprattutto se sono giovani e credono che il mondo sia alla loro portata. Inevitabilmente finiscono per considerare le donne alla stregua di un bellissimo paesaggio, di una contrada lussureggiante da “colonizzare” appunto. Forse sono costoro i “colonizzatori dell’anima” ai quali una certa letteratura si riferisce. Ma le certezze finiscono qui, dopo comincia il territorio degli uomini feriti, col pene in diretta comunicazione col cervello, il territorio degli uomini che non hanno mai dimenticato di essere stati donna. Per costoro non esistono donne impossibili da conquistare: semplicemente esistono le donne e le si sceglie guardandole negli occhi, attraverso i movimenti delle loro mani, delle labbra, del seno, annusando l’aria che le circonda e annullando in breve tempo tutti i giochetti che coprono il profumo vero di un incontro. Per questo genere d’uomini è difficile incontrare una donna “adeguata”: gusti troppo difficili, naso troppo fino, testa non in vendita, eccessiva sincerità, il proprio seme non barattabile, un carattere impossibile insomma. Questi, però, non pensano mai che sia fatta, nemmeno durante un coito, ma amano osare perchè la solitudine a volte è difficilmente gestibile. 
Restano soli e soli muoiono come sono vissuti, sorridendo all’idea di quelle poche donne che si sono fermate per qualche tempo a dirsi d’amore con sensuale fragranza. Non so perchè ma credo che anche loro, infine, diventino tipi da non amare.

NON TORNERAI, IL CAPITARE DEI GESTI -

Potrebbe sembrare un ritorno, ma non tornerai. So che non sarà così. Siamo altrove, qui solo le orme fuggevoli di un pensiero, di un’idea. Non tornerai ma sarebbe stato bello il contrario, distruttivo forse ma luminosamente bello. Sai quanto è facile slittare fra le pieghe della propria vita: ho troppe note in testa e quasi mai una dominante. Vorrei riderne, con te più che con altre, con te per un antica intesa lucida e cristallizzata nel tempo. Sai quanto è facile percorrere il labirinto dei nostri giardini segreti per ritrovarsi poi davanti alla spiaggia che amammo da ragazzi e dire, in silenzio, eccomi, sono pronto. Ho sospeso molte mie pagine per una crisi di “snobismo culturale”; quando ritroverò la sciocca pretesa di farmi capire dagli altri riaprirò le danze. Perchè, tu lo sai, danzare mi piace moltissimo, è connaturato al mio spirito e non potrei farne a meno; questo è il motivo del mio scrivere, un limbo preciso e solitario, conficcato dentro l’epistolario fra noi e il nostro sogno. Sei rimasta la custode del mio tempo sulle righe, l’unica che legge senza guardare ed osserva la mia consapevolezza immobile. Chiedo di te ai simulacri del ricordo ed invece dovrei farlo direttamente con una ragazza che, studiando, si è nascosta dentro il suo involucro di crisalide. Ti vedo bellissima camminare fra le nuvole di cui conosci senz’altro l’essenza e, talvolta, l’amarezza. La tua storia, quella che solo tu puoi raccontare, la scriverai quando sarai tornata una bambina lontana e non la donna inquieta di oggi. Vorrei essere ancora in vita per poterla leggere: forse avrei anche l’ardire di correggerla per poi riderne assieme. Forse potrei goderne pensando che in essa c’è anche una parte di me come sempre accade agli intelletti che s’incontrano. Ho sempre un giorno prossimo davanti, sarà uno di quelli da leoni, me lo ha detto una stella ieri sera ed io le ho creduto. Il capitare dei gesti non è cosa da poco, accade poi che diventi il tuo gesto, diventi la traccia che non conosci, il passo che non vedi e che lasci quando ti affidi all’ora che ti riporta a casa e chiudi la porta su quel che non sai. Stavolta la stazione è veramente deserta mia signora. Pare che niente e nessuno abbia mai sfiorato queste pareti e guardato questi binari, ma io so che non è così. Da ogni testamento si esce a nuove dimensioni e il tempo di risorgere può crescere in modi insospettabili. Sto annusando la scia della fragranza sottile che hai lasciato dietro di te. Porta molto lontano. Un giorno mi dissero che era stupido soffrire: me lo disse uno sciocco sempre allegro che temeva la sua fine ma il dolore è un tempo diverso dentro i nostri giorni, un filtro severo e impietoso che riporta l’esistenza ai suoi colori originali. Leggendoti lentamente pensavo anche che il dolore è ottima letteratura e silenzi colmi di sè…non sono certo che esso non si possa condividere ma capirti è un dolore prezioso, vorrei che fluisse per sempre. E' certamente la proiezione dei nostri desideri ma solo la prima parte di essa, un’anteprima; col tempo l’amore ci acquisisce al significato profondo del nostro desiderio ed è così che possiamo “essere” oltre il desiderio. Da quel momento in poi lo specchio ci rimanda anche facce del nostro istinto che prima erano celate dalla passione tout court. Ricordi il Caravaggio? Il Merisi, in fondo, cosa faceva? Portava la luce di dentro fuori…e il mondo vedeva aspetti che aveva sempre sotto gli occhi ma senza quella luce erano invisibili. Un solo attimo fissato sulla retina a suggellare un patto non scritto, una consuetudine che ci fa antichi e soli. In fondo è un miracolo anche questo.

domenica 29 giugno 2025

Verità assoluta o vicolo cieco

In questa casa che io chiamo scrittura ho portato quasi tutti i miei pensieri dispersi, è probabile che per un certo tratto io sia riuscito anche a farvi da guida. Fino ad un certo punto… poi si corre su due binari ed è scomodo, signori, scomodo e pericoloso. Il primo binario si chiama Memoria Storica: percorrendolo ti vengono incontro le verità rimosse, le stragi occulte, gli accordi segreti tra potere istituzionale e mafie, le morti sospette e anche il curriculum dei voltagabbana mendaci e ridicoli. Il secondo è privatissimo, si chiama Ricordi ed è il buco dove ho nascosto la mia memoria, gli amori sbagliati, le illusioni perdute, la mia infanzia sognante, i miei anni di piombo col loro carico di vittorie e di sconfitte. Se stanotte non mi fossi messo alla tastiera non sarebbe cambiato nulla, il mistero di questa veglia gonfia di attese e ricordi si sarebbe spiegato in maniera diversa, non potrò mai sapere dove e come sarebbe giunto ad altri da me. Non contiamo niente, non conto niente, non significa niente quel che ci facciamo scorrere tra le dita dicendoci l’un l’altro che siamo e dobbiamo stare attenti ai nostri personali confini esistenziali. E' tutto altrove e non so dirvi dove ma lo vedo, posato un po’ più in là sul mio orizzonte. Scrivi Enzo, lascia una traccia, questa notte che ci sei, domani potrebbe restare solo chi ti legge le carte, senza il tuo intervento a correggere l’inutilità del vivere così. Senza il tuo commiato. La clessidra capovolta sta esaurendo il suo contenuto. Decine volte mi sono affacciato sul mar d’Africa in questi anni per cogliere la metamorfosi dà vita a forma, la dialettica eterna, l’ossessione di Luigi Pirandello. Il mare in fondo alla vallata pigra è lattiginoso, sempre placido e sfumato in un chiarore che racconta lunghe partenze ed infiniti ritorni. Lo ricordo così dalla prima volta: dalla visita dei miei dodici anni con padre e madre a sorvegliare la mia inquietudine. La signorina Matraxia mi amò, in un tempo lontano ed io amai il suo essere schiva e proibita; mi ripetevo, di tanto in tanto, più il suo cognome che il suo nome, quel suono così “greco” e deciso. Giulia Matraxia, mi accorsi di amare più il tuo muoverti altero che il sapore della tua bocca, e quindi ti lasciai.Oggi il sole è chiaro, un’armonia perfetta che monda il paesaggio da ogni imperfezione e io sono un uomo fortunato, non allegro né soddisfatto, ma cosciente della sua vita questo sì. Non è poco. L’unico rimprovero che mi faccio è che dovrei stare più attento quando dico o penso certe cose: i mai, i per sempre non sono materiale da maneggiare con disinvoltura alla mia età. Si tratta di frutti proibiti. Per me sono stati l’anticamera dell’impotenza, monoliti eretti nelle praterie della mia vita. Per quanto mi sia allontanato, nonostante l’infinità di stagioni trascorse, infine mi ritrovo sempre di fronte ad essi: o sono la verità assoluta o il vicolo cieco in cui mi sono cacciato da ragazzo, e il demone ride. Sono un solitario e adesso non ha più importanza capirne il perchè: è trascorso tutto il tempo necessario ad esaurire le ragioni di una vita vissuta così. Io sono solo. In compagnia, buona o brutta, assorto nel formicolare di pensieri o nel silenzio vuoto di un giorno d’estate, io sono solo. Ci sono attorno i totem densi di tutto ciò che ho amato: i visi, gli occhi, il suono delle parole dette o sussurrate…non cambia poi molto. Sono solo con tutto ciò che amo.

L'offensiva

A poche ore dall'inizio dell’offensiva di Israele contro il regime iraniano – una guerra difensiva, se mai ve ne fu una, considerando che la Costituzione dell’Iran prevede esplicitamente l’eliminazione di Israele e che Teheran ha costruito una "cintura di fuoco" di milizie ostili attorno allo Stato ebraico – le reazioni di una certa sinistra non sorprendono, ma restano moralmente inaccettabili. 
Oggi, una parte del cosiddetto "antimperialismo" si è trasformata in un’apologia dei peggiori regimi reazionari: sostiene Putin, difende Assad e, in questo caso, giustifica l’Iran, ribaltando la realtà in una chiave grottesca. Per non vedere chi sia davvero l’aggressore in questo conflitto, bisogna essere accecati da anni di propaganda ideologica. 
La "Rivoluzione" iraniana è stato un colpo di Stato reazionario Innanzitutto, è necessario smettere di definire "Rivoluzione" il colpo di Stato del 1979 in Iran. Una rivoluzione autentica implica un progresso storico, un’emancipazione sociale o politica; quella iraniana fu invece una svolta oscurantista, paragonabile alla Marcia su Roma del 1922, che il fascismo chiamò pomposamente "Rivoluzione". L’ascesa del regime degli ayatollah ha significato: 
1. La pulizia etnico-religiosa della Persia: l’espulsione o l’oppressione del 10% della popolazione, tra cui ebrei, bahá’í, curdi e altre minoranze. 
2. Un regresso dei diritti umani, soprattutto per le donne, private di libertà fondamentali e ridotte a cittadine di seconda classe. 
3. Un progetto imperialista: l’Iran non è uno Stato "resistente" all’imperialismo, ma un impero in espansione. Dopo aver destabilizzato l’Iraq (approfittando degli errori statunitensi), oggi controlla gran parte della Siria, del Libano e finanzia Hamas. Chi conosce la storia sa che questa è l’antica strategia persiana: l’egemonia regionale attraverso milizie e alleati proxy. Definire l’attacco di Israele come "aggressione imperialista" è un capovolgimento della realtà. L’Iran è un regime che: Sostiene il matrimonio infantile (in Iraq e Iran, uomini cinquantenni possono sposare bambine di 9 anni). Minaccia apertamente di "cancellare" Israele dalla carta geografica. Sogna un califfato globale, obiettivo condiviso con gruppi come l’ISIS. La sinistra che oggi si schiera con Teheran, in nome di un "antimperialismo" distorto, tradisce i suoi stessi principi. Se un tempo la lotta era contro l’oppressione, oggi questa corrente sostiene chi opprime donne, minoranze e nazioni vicine. È una deriva reazionaria che va chiamata con il suo nome: complicità con il fascismo islamista. Israele agisce in legittima difesa contro un regime che ne minaccia l’esistenza. La vera sinistra dovrebbe stare dalla parte dei diritti umani, non dei dittatori. Smettiamola di usare due pesi e due misure: l’antifascismo non può essere selettivo.

sabato 28 giugno 2025

LETTERA NEL VENTO -

Che ne sai dell’alito caldo che scende talvolta sulla mia terra? Io l’ho solo presagito ieri sul far della sera, un breve momento di attesa poi è iniziato. Ma tu non puoi sapere che lo scirocco è un confine nella nostra vita, un paletto da cui ripartire alla ricerca di una nuova frescura. Eri bellissima davanti al mare che ci vide diversi. Immobile il tuo corpo, l’abito unica parte viva su di te. Il vento caldo come sciroppo denso ci avvolgeva ed io sognai un’estate lontanissima e sospesa come questa quando ogni cosa doveva cominciare. Ma tu non sai, hai voluto dimenticare, io non potevo fissato dal vento in un sogno inutile ma necessario. Tu non hai bisogno di sapere che il tuo violino suonò per quest’ uomo un accordo lunghissimo che è rimasto su di me che sono una viola, compongo solo una biscroma al giorno. Troppo poco per difendersi dallo scirocco che avvolse le nostre vite. Tu sei altrove adesso, se una finestra dondola o sbatte la chiudi per non ricordare quella costa, il mare e il nostro silenzio.

taccuino ritrovato - rock n'roll can never die

Sono stati una Fender, un basso e una batteria a governarci. Tutti. Uscito da una sala concerto un pomeriggio incontrai per caso il ROCK, dietro l’angolo di una sonata di Schuman si era appollaiata la chitarra di Jimmy Page: impossibile spiegare la magia del pifferaio magico, lui da allora non ha mai smesso di stravolgermi, ha cullato i miei sogni vitali in quegli anni, dorme apparentemente sopito in questi lenti e finali. Se scrivo oggi è perchè si è risvegliato, l’ennesimo colpo di coda, la voglia di correre non muore mai. 
La musica ha rivoltato la mia generazione, nessuna ideologia sociale o politica è riuscita a fare altrettanto nell’immediato: il subito, adesso, qui brucia ancora tutta la nostra esistenza; scrivere non mi basta, il flusso di energia che attraversa il mio cervello è troppo grande e impetuoso: mescoliamo le carte, rivoluzioniamo i social, riprendiamo i vecchi vinili, e per una volta scriviamo un post vero dentro una rete nuova.

venerdì 27 giugno 2025

OPINIONI -

Questo non è un blog d’opinione, che significato ha questo termine? IO HO UN’OPINIONE, l’ho su molte cose ma non faccio opinione! Non pretendo di farla, me la studio, la vivo e la analizzo. Non la vendo ma la difendo aprioristicamente se essa viene attaccata gratuitamente, l’ideologia di altri non può valere più della mia per partito preso. 
Avere una opinione, scriverla in rete significa nella gran parte dei casi suicidarsi per contatti e audience; nei blog decenti da un punto di vista letterario l’opinione è UNICA, una dittatura del pensiero che nasce da molto lontano, dalla fine del secondo conflitto mondiale e dalla egemonia ideologica della sinistra che pretese di fondare questo straccio di Repubblica delle banane su una guerra civile. Ma io per fortuna ho superato da tempo l’imbarazzo di dover piacere per forza a qualcuno, di dover cinguettare su testi e concetti falsi e vuoti. Guardatevi attorno…prati immensi pieni di margheritine da cogliere per farne deliziosi mazzi come cadeux alla blogger o al blogger di turno – ma sei bravissimo, quanta poesia… l’umanità dolente, i buoni di qua i cattivi di là, l’elite intellettuale, il nuovo mondo, il nuovo sesso, le donne sempre una spanna più su, i clandestini uber alles, il mondo arabo e gli schifosi occidentali– Un vortice di colori stupendi e voi/noi lì dentro a gorgheggiare l’unico canto che non ci lasci isolati! I prossimi post sono dedicati alle mie opinioni così a scanso di equivoci chi legge sa con chi ha a che fare. E’ utile, onesto, per certi versi proficuo ( se ci si confronta con teste pensanti) e soprattutto liberatorio. Da quando scrivo in rete ho contatti speciali con blogger che ritengo abbiano opinioni molto diverse dalle mie se non contrastanti; ho ben capito che esprimere con chiarezza le proprie idee in aperto contrasto con quelle di tendenza nell’ambiente frequentato ti espone a un isolamento mediatico potente e progressivo. Devo francamente confessare due cose: la prima è che chi è in asse con le mie opinioni mediaticamente e culturalmente è spesso una nullità mentre dalla riva opposta ci sono fior di esecutori. La seconda è che non mi importa dell’isolamento io non faccio compravendita di contatti e non sono disponibile a compromessi a qualunque costo. Io sono un uomo libero sarà questo che vi disturba.
Non è il Gattopardo un libro educativo nel senso comune della parola. Fra le pieghe di antiche stanze, di mai sopiti ardori erotici, di eterne mediocri scappatoie che conducono a democratiche scelte popolari, di lunghissimi silenzi bruciati dal sole dei latifondi resta infine la consapevolezza che tutto e tutti, leoni e iene, generali e colonnelli, principi e campieri, coloro che sempre si considerano " il sale del mondo" tutti infine trovano pace in un mucchietto di polvere livida sotto lo sguardo senza emozioni di Concetta Corbera. Sarà lei l'unica protagonista nascosta di una Sicilia troppo stratificata e complessa per essere definita? La sintassi, la storia e la lingua definiscono, esaltano in alcuni casi, la letteratura ma l'eccezionalità nasce da un parto imprevedibile; in Sicilia è necessario aggiungervi una buona dose di elitarieta'. Il Gattopardo è un monumento solitario, niente prima e assolutamente niente dopo, per un lungo tempo.

giovedì 26 giugno 2025

THE TIME THEY ARE A CHANGIN' -

L’estate di 47 anni fa di questi tempi era pronta a partire ed io stavo per mettere le mani sui miei 17 anni. Gran cosa! Il suo fiato caldo lo sento ancora: ha ingaggiato con me una gara sul tempo, un gioco che non dà nessun premio ma ti brucia dentro e che devi per forza restituire fuori. E’ una mano tesa fra le generazioni ad affermare che la bellezza e la poesia salveranno questo mondo. Crederci o meno è una possibilità come tante altre, la forza dell’amore e della vita continueranno per la loro strada e avremo tutti l’occasione di piangere, un giorno, per la felicità di esserci, di averci creduto o di doverci ricredere. Le estati sono tutte emozioni rapprese che si sciolgono sotto il sole e scivolano insinuandosi sotto la nostra pelle, sembrano diverse ma in realtà assumono semplicemente la forma della nostra vita in quel momento. L’estate è sempre l’identica rivelazione che sale sul palcoscenico con presentatori diversi, la sua apparizione suscita reazioni varie che vanno dagli applausi scroscianti all ’incredulità silenziosa, ma la sua bellezza è sempre maestosa, a me lascia ogni volta incantato, senza fiato. Nei suoi paesaggi aperti, nei suoi colori decisi e in quel senso di prospettive eterne e ripetute che ci fanno ritornare sempre all’idea che tutto è possibile, che è solo questione di tempo e i cieli si apriranno per lasciarci vedere l’azzurro e le mille strade che lo attraversano. Abbiamo di nuovo diciottanni e nessuno potrà cambiare le cose, è come il primo amore, se ne andrà ma cambierà la nostra vita per sempre. Ogni estate diventiamo maggiorenni ed è una sensazione indimenticabile, sgusciamo fra i nostri errori e le nostre vittorie, ce le rimiriamo e facciamo finta di credere che sia per sempre, condividerle con gli altri è una fede. La mia estate a guardarla da questo blog sembra perfetta e unica, punto di riferimento epocale e sociale; persino la musica suona in modo speciale. E’ quella di Bob Dylan, è la poesia della vita che ci conduce e ci salverà dalle altre stagioni e dalle mille morti che ci attendono ai lati del sentiero. Ma è un trucco, le note sono sempre le stesse ed io vesto ogni volta un abito perfettamente conservato e mi ci pavoneggio dentro. Nessuno di noi può dimenticare l’estate in cui siamo diventati grandi e ci siamo chiesti qual’era la nostra direzione e dove ci avrebbe condotto il profumo di quella ragazza incontrata la sera prima; nessuno può dimenticare che la musica era esattamente quella che avevamo dentro, crescere è stato solo un momento, la rincorsa per tornare ogni volta al punto di ripartenza. Così sciamiamo via incoscientemente ma in fondo lo sappiamo che niente e nessuno potrà fermare la forza dell’amore e la bellezza della scoperta: 
The time they are a-changin’

Fascisti

Il problema non è che sono fascisti, il problema è che non lo sanno, questo nella migliore delle ipotesi è ciò che ci dicono. Diciamo fascisti, chiaramente, per semplificare. Perché potremmo fare riferimento a quell'altro schifo che fu il comunismo. O al fondamentalismo religioso, che loro credono tanto lontano dai loro schemi di pensiero. O ancora potremmo usare un'espressione-ombrello definendoli "totalitari"
Questa, a ben vedere, è quella che più si attaglia. Il fascismo, il comunismo, il fondamentalismo religioso e tutte le schifezze che derivano dalla combinazione di questi fattori hanno una cosa in comune. Credono di avere trovato una qualche "verità" fondamentale, sentono la missione di conformare la realtà che li circonda a questa rivelazione e lo fanno "senza se e senza ma". Poveri idioti. 
Considerano uno spreco di tempo e persino una forma di ingiustizia consentire ad una idea diversa dalla propria di esprimersi. Se esiste una verità, la loro, una forma di amore, che consiste nel conformarsi ai loro desideri, e persino un solo modo di essere "umani", che consiste nell'avere i loro stessi pensieri ed emozioni, ogni deviazione da questo ideale non può che essere espressione del Male. E questa è infatti la seconda loro disgrazia. Il manicheismo. Non capita mai che chi si differenzia da loro sia, per caso, un "conservatore", o un "moderato", o un soggetto, poniamo, "autoritario". No. Sono tutti fascisti, fanatici, "estremi", "messianici", "golpisti". Eccetera. E il racconto diventa tanto più sanguinolento e spaventoso quanto più le vicende sono lontane, complesse e fuori dalla possibilità di verifica del pubblico. Non conoscono mezze misure. Anche una pista ciclabile può essere "imperialista", "colonialista" o "genocida", per loro. Perché vivono in un delirio, si confermano l'un l'altro di essere buoni, giusti e moralmente superiori e questa droga gli consente di vivere in un mondo di cui ignorano praticamente ogni cosa. 
Benigni ha scoperto per esempio che gli israeliani "non sono umani". Ha detto che "continuano ad uccidere i bambini". Che "non sentono il dolore". Cosa gli si può dire? Povero scemo. Uno scemo da Oscar. Bisognerebbe crearne uno apposta per lui. L'Oscar della vergogna.

ALLA FINESTRA -

Gentile signora, 
affacciato qui alla finestra dei giochi di vita non mi sento troppo a mio agio: eppure è una posizione privilegiata. L’ho scelta, o dovrei dire trovata, varie volte in questi ultimi trentanni, mi ha fatto un gran comodo lo ammetto: osservare e non essere contagiato dal brulichio delle posizioni e degli errori ad esse conseguenti, pensare di poter evitare sciocchezze che da qui sembrano palesi incidenti di percorso e da lì in basso invece appaiono come luminose alternative esistenziali. Credo che il germe dello snobismo culturale sia proprio in questa idea e che l’arroganza che da essa fisiologicamente ne discenda, oltre un certo punto, non sia più contrastabile. Eppure come vede non ho trovato ancora il coraggio di allontanarmi da questo punto di osservazione. 
Anni fa trovai una prospettiva nuova e da questa finestra molte azioni, sia le umane in senso stretto che quelle più propriamente culturali, emergendo dalla nebbia confusa delle contraddizioni sociali e storiche, mi apparivano nette, decifrabili, francamente ineccepibili. Mi resi conto dopo che la nebbia intesa come indecisione e confusione permeava ogni aspetto della mia prospettiva, che ero io a voler vedere i contorni della vita in modo edulcorato e quindi falso. Ero io a sceglierne i connotati, io a controllarne l’evoluzione spostandomi impercettibilmente ogni volta che la luce radente e cattiva del sole ne metteva in mostra aspetti scomodi e incongruenti con la mia idea-visione dell’esistenza. Un’operazione facile e senza interlocutori: dalla finestra potevo sciorinare il mio biasimo o la mia benedizione urbi et orbi senza subirne le conseguenze, il mondo poteva continuare a rumoreggiare là sotto, signora, io sceglievo se considerarne le lacrime o le gioie da un luogo privato e asettico, un’oasi eterna e silenziosa, un privilegio costruito ad arte e come tale bugiardo e irriverente. 
Si sbaglia senza tregua gentile signora, si nutre l’illusione di essere fuori, la si definisce fortuna, casualità, intelligenza, lucidità, la si chiama con termini logici, ci si inventa una preveggenza che ci blocca prima di compiere gli ultimi passi falsi prima del baratro. Non mi sento più di proporre altri termini, non ci credo più e sto per chiudere la finestra. La osservo con attenzione silenziosa, quasi commossa, è stata per lungo tempo il viatico con cui ho difeso le mie incongruenze, il succedaneo imbastito a proteggere il sapore vero di alcune mie sconfitte; il sogno non mi corrisponde più e mostra tutte le sue crepe gentile signora, imbastire un’altra leggenda mi stuzzica molto…poi guardo gli infissi polverosi di questa finestra e devo ricredermi sulla novità perenne di cui ci nutriamo ogni giorno. Le confesserò di possedere in archivio alcuni momenti indimenticabili, se lei sapesse con quanto amore li ho nutriti, quante volte ho provato a farli uscire dal cofanetto del mio intimo e li ho lucidati per mostrarli nella loro luce migliore. La scrittura che esercito dall’infanzia non è altro che questo, è una parte, la più scontata, dell’intuito ineffabile di raccontare l’affetto incondizionato per lo spirito di quest’uomo affacciato alla finestra. 
Non c’è il tempo di riconsiderarsi al solito modo oggi preferisco usare il mio libero arbitrio e passare dal lei al tu, dovrai abituartici signora: appena scenderò a valle non aspettarmi con tutto il fardello di opinioni costruite in questi anni, non servono e sono ciarpame…il tuo come il mio cui facevi riferimento. Vuoi vedere le pietre nascoste dentro il mio cuore? Spogliati e torna umana, non ci dobbiamo niente, secoli fa erano solo diamanti grezzi, scaglie di cristallo taglienti, ci siamo feriti e ritratti, adeguare i riflessi pensammo fosse il sistema migliore per comunicarci la nostra solitudine. Se sei ancora della medesima opinione non farti trovare sull’uscio al pianterreno, dillo anche alle altre, io vado a sciogliermi altrove. Il carbonio si è trasformato in miriadi di gemme, scrutarle da solo sarebbe una imposizione stupida, mi confronto da una vita con cose stupide. La finestra la chiudo per questo.

Anti semitismo

Al netto di qualsiasi discussione e di troppi "distinguo" l'antisemitismo va inquadrato con una serie di riflessioni serie. È la dimostrazione di quanto questo male sia strutturale, radicato in un ambiente culturale che da decenni giustifica l’odio per Israele e, troppo spesso, per gli ebrei, sotto la maschera dell’"antisionismo". 
Quello di molti a sinistra non è un errore dovuto ai social network, né una deviazione individuale: è il sintomo di una patologia politica più ampia, che affonda le radici in certa sinistra terzomondista e antioccidentale. 
 Ieri, dopo l’attacco israeliano in risposta all’aggressione iraniana, si è superato ogni limite ricorrendo a: 1. Colpevolizzazione collettiva degli ebrei – Riprendendo il più classico stereotipo antisemita ("gli ebrei controllano il potere"), si è insinuato che gli ebrei, in quanto gruppo, si starebbero macchiando di un "delitto". 
2. L’ossessione per Liliana Segre –viene attacca ancora ad hominem, come se la senatrice sopravvissuta alla Shoah fosse un’agente di Israele piuttosto che una voce individuale. 
3. Il rovesciamento vittimario – Dipingere Israele come "aggressore", ignorando completamente che l’Iran ha lanciato centinaia di missili su un paese sovrano, dopo anni di finanziamento a Hamas, Hezbollah e agli Houthi. 
Si chiedono sanzioni economiche contro Israele e la rottura dei rapporti diplomatici. Ma la domanda è: in quale universo distorto l’Iran è la vittima? L’Iran è il cuore dell’"asse della resistenza", una rete di terrorismo internazionale che da decenni minaccia non solo Israele ma la stabilità globale. La sua costituzione grida "morte a Israele" (art. 7 e 152) e il suo governo finanzia milizie che uccidono civili in tutto il Medio Oriente. Il suo leader, Khamenei, ogni settimana predica l’annientamento dello Stato ebraico, mentre reprime il suo popolo con torture ed esecuzioni. Proviamo a sostituire "Iran" con "Francia" e "Israele" con "Italia" per capire l’assurdità del ragionamento di certa gente: 
Se la Francia avesse in costituzione due articoli che gridano "morte all’Italia", se armasse milizie per attaccare Roma, se il suo presidente ogni domenica invocasse la scomparsa dell’Italia, qualcuno la definirebbe "vittima"? Perché l' antisemitismo è antisionismo, riflettiamoci 
1. Doppio standard – Nessuno giustificherebbe la Russia se lanciasse 300 missili sulla Germania. Ma quando Israele si difende, improvvisamente diventa "il mostro". 
2. Teoria del complotto ebraico – Parlare di "ebrei colpevoli" invece che di un governo (come quello israeliano, legittimamente criticabile) è puro antisemitismo. 
La sinistra deve fare i conti con il suo antisemitismo Il caso di Fratoianni, Rula Jebreal & co non è un incidente: è il frutto di un ambiente che ha normalizzato l’odio per Israele, equiparando la sua esistenza a un "crimine". Se la sinistra vuole davvero essere dalla parte degli oppressi, deve smetterla di difendere i veri oppressori: gli ayatollah, Putin e Hamas. Finché celebrerà come "resistenza" ciò che è solo terrorismo, la sua crisi morale sarà irreversibile.

mercoledì 25 giugno 2025

Antispecismo contemporaneo

Ieri discutevo di veganismo con alcune persone e, avendo fatto attivismo a lungo, mi sono trovato a riflettere su un problema che cercherò di sviluppare qui. 
L'antispecismo contemporaneo, così come molte altre forme di moralismo ideologico, si basa su un'adesione acritica a un "obbligo morale" astratto - un imperativo categorico di stampo kantiano dove l'azione viene giustificata da un dovere universale, svincolato dalle conseguenze concrete. Il punto critico, analizzato attraverso Nietzsche e Stirner, è che questo approccio trasforma l'agire umano in una sottomissione a "spettri" - entità metafisiche come la Morale con la maiuscola, il Dovere Assoluto, il Bene trascendente - che si antepongono all'individuo reale, annullandone l'autonomia nel nome di un principio superiore. 
In questo schema, i movimenti sociali e persino le religioni diventano facilmente strumentalizzabili, come dimostra il caso di Hamas o, su un altro versante, certe derive dell'attivismo vegano: quando l'azione si fonda su imperativi morali assoluti ("non uccidere mai un animale", "la liberazione nazionale come dovere sacro").
Chi si autoproclama portavoce di una "vittima mitologica" (un popolo oppresso, una specie sfruttata) può rivendicare un "credito morale" inestinguibile, giustificando qualsiasi mezzo in nome del fine. Il moralismo così diventa il carburante del populismo contemporaneo, trasformando il dibattito in una guerra tra bene e male assoluti, dove il dissenso è eresia e il pragmatismo è tradimento. La soluzione, seguendo Stirner ("L'Unico e la sua proprietà") e Nietzsche, richiede un radicale cambio di prospettiva: 1. Rifiuto degli imperativi categorici a favore di scelte consapevoli e contingenti: non "devi essere vegano perché è giusto in astratto", ma "scelgo di esserlo perché riconosco la sofferenza animale e valuto le conseguenze delle mie azioni"; 
2. Un'etica dell'empatia concreta, che sostituisca i doveri assoluti con la capacità di entrare in relazione con l'altro (umani e non-umani), evitando sia la trappola del relativismo ("tutto è uguale") sia quella del fondamentalismo ("solo la mia verità conta"); 
3. Un approccio utilitarista critico (alla Bentham o Singer): anche senza dogmi, possiamo valutare le azioni in base alla riduzione della sofferenza effettiva, mantenendo però la flessibilità che i principi astratti negano. Questo quadro offre un antidoto tanto al veganismo moralistico quanto ai nazionalismi identitari. Nell'attivismo per i diritti animali, evita la trappola del proselitismo aggressivo (che aliena invece di persuadere), puntando su un coinvolgimento emotivo e razionale: mostrare le condizioni degli allevamenti invece di predicare colpe universali. Nelle questioni politiche, impedisce la sacralizzazione di qualsiasi causa: la Palestina, come qualsiasi altro conflitto, va analizzata attraverso le sofferenze reali delle persone, non attraverso mitologie identitarie. 
La differenza cruciale con l'utilitarismo classico sta nel rifiuto di ogni calcolo universalizzante: non esiste una "formula morale" da applicare meccanicamente, ma solo individui che prendono posizione caso per caso, accettandone la parzialità. In questo senso, l'alternativa al moralismo non è l'amoralità, ma un'etica del confronto diretto con le conseguenze delle proprie scelte - dove la responsabilità nasce dalla consapevolezza, non dalla sottomissione a un dovere. Solo così si può sfuggire alla doppia trappola del fondamentalismo e del nichilismo, che oggi dominano il dibattito pubblico.

Tre anni fa

E' successo circa tre anni fa: dopo un buon numero di convulsioni e decisioni rivedute, corrette, rinnegate, mi è rimasta un'unica idea: fare di tutta la mia produzione in rete un libro. Idea esagerata per molti motivi, il principale è la mediocre qualità degli scritti, il secondario è la mia incapacità di propormi a un editore, l'ultimo il grande senso di inutilità del tutto. La condizione di salute ha messo la parola fine sull'idea iniziale. Tuttavia scrivo da quasi 55 anni, mi è sempre piaciuto farlo ed è il mezzo mio preferito per comunicare col mondo esterno; il Blog si è delineato come l'unica alternativa decente per me, un buon sistema per nutrire il mio narcisismo al crepuscolo. Così ho deciso di lasciare visibili in rete alcuni blog , vetrine di un'esistenza trascorsa a leggere e a pensare di poter essere considerato uno scrittore ma so bene di non averne le qualità, posso tuttavia considerarmi un meridionale discretamente alfabetizzato, reggo il racconto breve ma non un vero libro o un saggio o addirittura un romanzo, esprimo alcune opinioni e mi isolo ancora di più da un contesto socioculturale in cui non mi riconosco più. Ma la scrittura mi ha liberato, ha dato un senso a molti momenti della mia vita e ad essa sto delegando l'ultimo ricordo di me stesso.

martedì 24 giugno 2025

La guerra globale

1. Il panico da "effetto domino" Ogni volta che si apre un nuovo conflitto, serpeggia nella società un timore quasi apocalittico: l'idea che scatterà inevitabilmente il meccanismo delle alleanze, trascinando il mondo in un conflitto globale simile alla Prima Guerra Mondiale, o peggio, in uno scambio nucleare che ci proietterebbe in uno scenario da "Mad Max". Questa percezione è stata recentemente alimentata anche dalle parole di Papa Francesco, che ha parlato di "guerra mondiale a pezzi". 
2. La distorsione percettiva dell'era dell'informazione Contrariamente alla sensazione comune, i dati storici dimostrano che: Il numero di conflitti armati oggi non è superiore al passato La loro crudeltà non è aumentata in termini assoluti Basti ricordare: Le guerre balcaniche degli anni '90 (con il massacro di Srebrenica) Il genocidio ruandese del 1994 (800.000 morti in 100 giorni) I conflitti permanenti in America Latina durante la Guerra Fredda Le due guerre mondiali del XX secolo La differenza sta nella nostra percezione: viviamo nell'era dell'informazione globale, dove ogni conflitto viene amplificato dai media e dai social network, creando l'illusione di un mondo più violento. 
3. La lezione dei conflitti recenti Gli ultimi decenni ci offrono importanti controesempi alla teoria dell'inevitabile escalation: Ucraina: nonostante 3+ anni di guerra, nessun uso di armi nucleari USA: sconfitte in Vietnam, Afghanistan e Iraq senza ricorso all'atomica Medio Oriente: Israele non ha usato armi nucleari contro l'Iran 
4. Perché sopravviviamo alla "sindrome da Ken il Guerriero"? Tre fattori ci proteggono dall'apocalisse nucleare: 1. La dottrina MAD (Distruzione Mutua Assicurata): rende le potenze nucleari estremamente caute 2. Lezioni storiche: la crisi dei missili di Cuba ha insegnato i pericoli dell'escalation 3. Diplomazia globale: esistono più canali diplomatici che nel 1914 5. Tra realismo e cautela Sebbene il rischio zero non esista (la storia è piena di eventi ritenuti "impossibili" fino al giorno prima che accadessero), viviamo in un'epoca dove: I meccanismi di contenimento funzionano Le potenze nucleari hanno dimostrato notevole autocontrollo 
La comunità internazionale ha sviluppato anticorpi contro l'escalation globale Invece di cedere al catastrofismo, dovremmo sviluppare una visione più sfumata: riconoscere i reali pericoli senza cadere nella psicosi da "fine del mondo", concentrandoci piuttosto sulla prevenzione e la risoluzione diplomatica dei conflitti.
Un mondo fatto di parole, qualche immagine e della musica, aria… aria e immaginazione. Io posso metterci qualunque cosa dentro, anche quello che chi scrive non si è mai sognato di dire…e questa è una cosa terribile. E’ l’aria, la mancanza di identità che ci fa volare via, ci svena, ci esalta, ci stupra ci inganna e ci affascina. Qualcuno invoca i doppi sensi, perchè non i tripli o i quadrupli dico io? Proviamo a ritornare elementari. Minimi. O ci fidiamo di quello che siamo e non rivendichiamo sovrastrutture che non ci servono, oppure muoviamoci circospetti come una belva assediata dai cacciatori. Ho fatto la belva per qualche tempo e sono pieno di cicatrici, però mi fido del mio intuito: c’è del marcio in Danimarca ma non bisogna prendersi troppo sul serio, sono in pochi a saper recitare il monologo “essere o non essere”. Io per esempio mi sono stancato: ho scelto sono e chi s’è visto s’è visto. Lo dico senza orgoglio ma con pacata rassegnazione, ho piena coscienza dei miei limiti. Resterebbero tali anche se venissi colonizzato da una febbre nuova e trascinante. Giungere alla conclusione che è impossibile salvarsi, ecco il concetto primordiale che si stampa alla fine della risma di fogli che la mia mente ha prodotto in questi anni.I Blog sono un vezzo e una necessità culturale, sfruttano le possibilità dell'odierna tecnologia ma non sono poi migliori di un buon carteggio o della pagina scritta di carta. Sono soltanto più immediati. A furia di essere immediati sono anche diventati più stronzi e volgari, una pletora di oscenità letterarie e mentali, lo specchio fedele di questa società da basso impero o la logica conseguenza di certe premesse sociali e culturali presenti già 60 anni fa. Scrivere col tempo ho scoperto significa porre la nostra dimensione esistenziale davanti a noi, farci guardare in faccia dalle cose che viviamo, portarle fuori e riprovare a meritarcele con la forza del pensiero. E’ un diventare adulti senza dimenticare il ragazzo libero che vive dentro di noi. Ma è anche un gioco pericoloso perchè esalta la verità intima di ciò che siamo e la verità è un confronto scomodo, la verità pubblica lo è ancora di più. A mio parere abbiamo già detto tutto, quelli come me possono al massimo ripetersi, passando dal ridicolo all'agiografico o dallo storico appassionato all'incisivo sintetico (vedi twitter); in pratica abbiamo fregato le nuove leve della blogosfera e l'unica cosa che possiamo fare è sparire per dar loro l'illusione che ci sia veramente aria nuova in giro. Quando scrivo sono temerario, oso con una certa arroganza di fondo di cui mai sono riuscito a liberarmi, divento prudente solo se vedo di fronte a me smarrimento…in quei casi divento prodigo e disponibile. La parsimonia non mi appartiene sono fondamentalmente uno sciupone e ho un pessimo rapporto col danaro: con i sentimenti invece non scherzo mai e li tengo gelosamente riservati, ad essi riservo il mio trattamento migliore, a loro dedico tutta la mia fantasia. Non amo gli stereotipi, li uso con malcelata irritabilità, la prudenza e la capacità di glissare le ho imparate per educazione familiare e le immolo ogni giorno sull'altare della mia indole accesa. Sono tranquillo e attento, non sospettoso, come un greco. Ti sembro abbastanza siciliano?

Averla o non averla

Negli ultimi giorni si moltiplicano le voci di chi sostiene che l’Iran avrebbe “tutto il diritto” di dotarsi di armi nucleari. Alcuni arrivano persino a dire che il mondo sarebbe più sicuro se fossero gli ayatollah, e non Israele, a possedere la bomba. È un’opinione che colpisce, soprattutto se si considerano alcuni fatti storici e strategici difficilmente contestabili. 
Israele possiede armi nucleari almeno dagli anni ’60, sebbene non lo abbia mai dichiarato ufficialmente. È uno dei pochi Paesi al mondo a disporre della cosiddetta triade nucleare: la capacità di lanciare testate atomiche da terra, dal mare (tramite sottomarini) e dall’aria. Eppure, in oltre sessant’anni, quelle armi non sono mai state utilizzate, neanche nei momenti più critici. Basti pensare alla guerra dello Yom Kippur del 1973: un attacco a sorpresa da parte di una coalizione arabo-musulmana che colse Israele impreparato, minacciandone seriamente la sopravvivenza. Eppure, anche in quel momento di massimo pericolo esistenziale, l’opzione nucleare rimase solo teorica. Nel corso dei decenni, Israele è stato coinvolto in numerose guerre e ha affrontato attacchi da parte di Stati e gruppi armati decisi a cancellarlo dalla carta geografica. Nessuno di questi attori sembrava temere una rappresaglia atomica, e questo ci dice molto su quanto la deterrenza nucleare israeliana sia stata usata con estrema prudenza, come strumento di difesa estrema, non come leva di minaccia. Allora, perché oggi tanti sembrano più turbati dalla bomba israeliana – che esiste da decenni ed è rimasta silente – che dall’idea di un’arma atomica nelle mani di un regime che settimanalmente invoca la distruzione di Israele, finanzia gruppi terroristici su scala regionale e reprime il dissenso con brutalità? Davvero crediamo che un potere teocratico, ideologicamente ossessionato dall’annientamento dello Stato ebraico, sarebbe altrettanto responsabile, contenuto, razionale? Oppure stiamo semplicemente applicando un doppio standard, dove la democrazia più criticata del Medio Oriente viene giudicata più per la sua identità che per il suo comportamento effettivo?

DUE LETTERE SPECIALI

A SE il Principe Tomasi di Lampedusa, presso “Il Gattopardo” 
 Scrivo a te per primo perchè sei stato il primo e un inizio è sempre indelebile. Stavi sul secondo ripiano della libreria, un po’ nascosto, probabilmente invisibile per lo sfarzo e il “volume” degli altri vicini. Ricordo bene la copertina verde con le incisione dorate dei “canti” di D’Annunzio e le edizioni in carta patinata dei classici di Leopardi, Pirandello, Svevo… fu scorrendo le dita sui loro dorsi sporgenti che ti vidi la prima volta. Un amore non nasce mai per caso, ci vuole l’atmosfera di un giorno d’estate silenzioso e raccolto, la visita a casa del Barone Pottino la sera precedente e l’aver ascoltato, con finta indifferenza, i discorsi che fluivano tra un caffè e un gelato alla mandorla; serve il talamo su cui consumare un rapporto che preme alla porta della tua vita mentale. Ti ho letto che ero troppo giovane e tu ti approfittasti di me. Celando il tuo vasto orizzonte dentro un’edizione economica della Feltrinelli, con quel disegno raffazzonato del Gattopardo sulla copertina mi ingannasti ed io annegai in una lettura sensuale e totale. Fosti il primo libro che carezzai lungamente e portai con me, nascostamente, nei luoghi che normalmente frequentavo, in una tasca o nel borsello. Mi facevi compagnia ed era una sensazione sconosciuta fino ad allora: pagine come un interlocutore, come un’amante da ritrovare e scoprire ogni volta. Mi accompagnasti nel mondo della lettura adulta, quella fatta di continui addii e ritrovamenti, di certezze eterne nascoste dentro l’animo. Una grande lezione di sintassi non solo letteraria; la sensazione del “capolavoro” l’ebbi subito senza riuscire però ad esprimerla in alcun modo. E fu probabilmente questo stimolo continuo ed inespresso a farmi fornicare con caparbietà fra le pieghe della tua pelle di carta; ti ho amato dal primo momento, ti ho desiderato sempre, non ho ancora finito di leggerti. Temo che la conclusione della lettura possa in qualche strano modo coincidere con “quell’altra” conclusione che nell’ottavo capitolo si erge sublime e definitiva come solo un grande amore può fare. Ti abbraccio fino al nostro prossimo incontro. 

To Mister Stephen King, co “Hearts in Atlantis” 
D’accordo lo ammetto: ti ho snobbato per lungo tempo, inutile ritornare sull’argomento in modo polemico. Delle storie “horror” e di quelle a metà strada fra il soprannaturale e il metafisico con effetti speciali ne ho fatto sempre volentieri a meno. Mi hai fregato, e c’è un motivo profondo. Sei una meretrice, anzi una puttana e mi hai fottuto; e ti dirò che sono contento che tu lo abbia fatto. Ho trascorso tutta la mia maturità a sfuggire dalla mia inquieta giovinezza, e tu lo sapevi. Non dico che mi nascondessi, solo non sapevo dove metterti e questo era un problema serio, sono troppo ingombrante anche per me stesso e tu hai aspettato. Quando finalmente ti ho riaperto la porta mi è mancato il fiato. Sai cosa sei stato? Userò le parole di un grandissimo scrittore italiano baby, quelle che non si possono tradurre perché la musica cambierebbe baby. Sei stato “l’amore che strappa i capelli dal viso” (F.DeAndrè), l’adrenalina tornata a scorrere. Lo sapevi maledetto e hai messo su il disco che conosciamo entrambi, a hard rain’s a gonna fall e appresso a quello si sono aperte le gabbie della memoria e niente era cambiato…nemmeno la rabbia e il sangue, l’amore, l’orgasmo e la timidezza. Io sono tornato là dentro con quegli anni a cantarmi una musica mai dimenticata. Ti ho snobbato, lo ripeto e tu mi hai sbattuto in faccia che “in fondo sono solo informazioni” e che “se mi fossi comportato bene avrei avuto anche il dolce”. Dammi pace baby, ho posato la testa sul tuo grembo e non ho più voglia di andare da nessuna parte, lascia che la musica prosegua oltre e lascia aperte le pagine. Le sfoglieremo ancora perché “Alle volte un po’ di magia sopravvive”, osservò lui. “Non saprei metterla diversamente. Io credo che siamo venuti perché sentiamo ancora alcune delle voci giuste. Tu le senti? Le voci?” “Qualche volta”, ammise lei quasi malvolentieri. “ Qualche volta sì” –

lunedì 23 giugno 2025

Occidentale

Occidentale. Stanco di scrivere al vento e di far finta di condividere. Ucciso dalla inutilità di aver studiato e letto per decenni, di aver confrontato fonti diverse. Di aver amato il silenzio dopo la chiusura di un libro. Occidentale del Sud, più vicino alla Grecia che a Berlino conosciute bene entrambi. Da Lampedusa ho lasciato sul confine del mare una lunghissima carezza, l’ultima che mi ricordi di me e di te amore mio. Stanco e guardo a oriente dove sorge ogni giorno la speranza. Occidentale. C’è una luce particolare oggi sullo jonio, un filtro di perla per ammorbidire gli spigoli dei miei umori confusi. Anche ora la musica di uno degli artisti che ho amato di più mi porterà fuori dalle secche di questa sera infinita, sarà il dito che ti indicherà la mia luna, ti dirà le parole che io non so pronunciare e avrò la speranza che l’amore in assoluto ricomponga il dissidio di sempre e che scriverlo non sia stato inutile. De Andrè ha già iniziato a raccontare del chimico che conosceva la legge che permetteva agli elementi di convivere senza scoppiare e ancora una volta chinerò la testa per ringraziarlo d’avermi fatto guardare oltre. Respiro a fondo il senso di attesa di questo luogo e mi domando quanto io sia imprigionato dentro la parte mia di vita, quante battute ho pronunciato dentro l’ombra di questa rappresentazione; ma sono stato sempre attento, la mia parte e la vostra parte legate da una placenta vitale, preciso nei tempi e nei modi perché una battuta fuori posto e il teatro andrebbe in rovina. Questa è la forma signori miei, l’unica scelta possibile per un artista, la forma partorita da te, dalla tua arte, la tua visione dentro alla quale ti muovi come un’ombra. Le recite a soggetto sono possibili solo qui; nella vita concreta questo non è concesso, lì siamo solo marionette mosse dal vento con un canovaccio imposto misteriosamente e sempre nuovo e crudele per noi. Vorrei poteste sentire sul viso la carezza del lieve scirocco che sale dal mare e il grande silenzio che si allarga sul cuore.

CENTO PASSI, MILLE PASSI, NESSUN PASSO IN AVANTI -

Nel maggio del 78 io avevo 26 anni e trasmettevo in una radio libera di Palermo: mi piaceva da impazzire, forse troppo. Ero, guarda caso, uno dei più duttili e alternativi Dj di quell'ambiente, sicuramente il meno inquadrabile dal punto di vista ideologico. In quegli anni trasmisi quasi di tutto, dal rock aggressivo dei Led Zeppelin, alle ballate di De Andrè, dalla chitarra di Jimi Hendrix a quella dei Dire Strait, non intaccavo, non intaccavamo la struttura sociale della città. Peppino Impastato sì. Noi mandavamo musica, camminavamo per le strade di Palermo e Palermo continuava ad essere divorata dal cancro al suono del rock 'n roll: il grande sacco della città era quasi al termine nel senso che non c'era più quasi niente da mangiare. Una delle più belle e interessanti città del Mediterraneo ridotta ad un ammasso fetido di cemento e sfruttamenti gestiti da una classe politica identificabile col gotha della criminalità organizzata. Le radio private palermitane trasmettevano De Gregori (il compagno De Gregori) gli Area il primo Battiato... Radio Aut cercava di trasmettere l'alternativa e l'opposizione con mezzi economicamente e tecnicamente risibili. Francamente non c'era partita e nessuno di noi aveva realizzato il problema; voglio dire che Impastato era un isolato, era come se la sua azione fosse un fatto di nicchia politica e ideologica avulsa da tutto il resto. L'isolamento umano e intellettuale che costerà la vita a Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino e altri con Peppino Impastato ebbe ancora più facilmente ragione di lui. Oggi probabilmente, con questo Web e questa diffusione di voci, sarebbe stato diverso o comunque più difficile; eppure una delle componenti intellettuali che danzarono in modo macabro sulla fine annunciata di questo ragazzo è ancora presente, l'ho capito ieri mentre scrivevo di lui. Abbiamo ancora l'orribile e subdola tendenza a considerare certe morti come un fatto di parte, certe morti come la fisiologica conseguenza di un preciso percorso culturale e, spesso, il nostro cordoglio è finto, di circostanza, non ci appartiene perchè non è la nostra guerra o la nostra idea. Peppino fu pianto in silenzio dai suoi pochi amici, il mondo delle radio libere di allora non disse nulla, la città non disse nulla, la gente si girò dall'altra parte. I cento passi erano solo all'inizio. La libertà, il confronto, la divergenza di opinione, la musica e la cultura sono un patrimonio di tutti non hanno, come ancora accade oggi, una tessera di partito o movimento: questo è il motivo per cui io oggi, molto più di 34 anni fa, piango quella corsa verso la civiltà e la dignità. Oggi la sento più mia che in quegli anni in cui scivolavo assieme ai miei coetanei tra le pieghe di un'ideologia colorata e vuota, la stessa di ora se la guardate bene. Ci tenevo a dirlo ora che che ancora una volta siamo davanti ad una svolta epocale rischiando di rifare come minchioni i medesimi errori.

Vincenzo ha un'altra età

“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte." 

Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica avventura. Adesso Vincenzo ha un’altra età e una vita direttamente ereditata da quel ragazzino, ha deciso di scriverne così. Le presentazioni hanno poco senso, le spiegazioni si perdono sempre nell’indistinto, i perchè e i come di una scrittura così frammentata fanno la stessa fine. Vincenzo voleva scrivere e lo ha fatto in molti modi diversi: questa è una traccia, riuscite a percepirne l’emozione?
Svolto verso la città, cammino lungo la sua storia e sono trasparente, invisibile a coloro che adesso ci abitano; nessuno di essi conosce la mia storia, nessuno ha sentito il giardino dietro il grande cancello, gli stucchi candidi dentro l’oratorio, l’inferriata piena di arabeschi del palazzo dimenticato dall’oggi e rivolto ad un passato inutile sempre più lontano. Qui di me non resterà nulla e la palma incisa nella tenue tappezzeria azzurra del cielo mi incoraggia a chiudere il cerchio. Della vita o del pensiero non ha più importanza, com’è possibile che io adesso sia sereno?

domenica 22 giugno 2025

LA PACE AL TEMPO DEI BLOG -

Placarmi un tempo mi appagava di più: mi restituiva la misura mia, il giusto senso del ritmo della mia esistenza. Non eliminava i motivi della discordia nè le basi ideologiche profonde di essa, le portava soltanto su un piano diverso e le mondava da inutili e controproducenti eccessi. Era così un tempo e così era, ma forse sbaglio, il mondo degli uomini che mi circondava. Non c’era internet, l’anonimato era relegato a ridicoli fogli bianchi scritti a stampatello o con caratteri trasferiti da altre fonti; al di fuori di ciò c’era il guardarsi in faccia o il non parlare del tutto.

SANTITA' -

Non ho mai capito la logica che presiede alla pletora di articoli e dichiarazioni che hanno riempito i media e il web di discorsi accomodanti verso l'Islam e, di conseguenza, verso il suo irrompere sempre più cospicuo dentro i confini europei. Un atteggiamento senza senso, senza conoscenza e senza cultura nè storica nè sociale. Un continente che naviga (navigava meglio) verso la laicità e la liberazione femminile che improvvisamente impazzisce e, per bocca dei suoi intellettuali più affermati, si consegna alla sua morte definitiva, ad un medioevo crudele e imbarazzante. 
La componente femminile degli occidentali ha le maggiori responsabilità, un giorno non sarà sufficiente dichiarare - Avevo valutato male- Coperte dal burqa o nascoste dal velo le parole arriveranno già spente. Il Vaticano infine, dimostrando una pochezza spirituale e culturale infima, si è allineato con questa tendenza al ribasso continuo. Dobbiamo meravigliarcene? La Chiesa cattolica entra da sempre a gamba tesa nelle questioni civili italiane, anche quando l'Italia era solo "un'espressione geografica" (Metternich). Posto che adesso sia qualcosa di diverso e che non si veda l'enorme passo indietro fatto negli ultimi 20 anni sulla strada dell'unificazione seria e della civiltà condivisa, le recentissime uscite dei pezzi grossi vaticani non devono sorprendere. Un altro fallaccio ma stavolta da espulsione! Bergoglio dovrebbe innanzitutto cambiare postura e camminare ritto, dovrebbe pensare da buon pastore alle sue pecore e ai fedeli cristiani che soffrono e vengono massacrati in varie parti del mondo. Potrebbe riflettere in modo meno supino ai rapporti con l'Islam e pretendere rispetto vero e non peloso per un'eventuale salvaguardia quando la mezzaluna sventolerà sulla penisola. Bergoglio è un populista da due lire, gli piace fare il piacione, essere ossequiato dai suoi sodali, adulato da chi fino a un momento prima ne diceva peste e corna; forse vuole vedere sparire dai blogroll di molti siti la frase " Io aborrisco il Papa!" 
Quale prezzo è disposto, Santità, a pagare e a far pagare alla fede che lei professa? Quale futuro sta contribuendo a costruire per la civiltà occidentale? Cosa vuole fare di Roma, non le basta lo scempio cui è già sottoposta? Personalmente ho già dato e ne scrivo, spero che siano molti gli uomini che sappiano vedere il diavolo dietro i suoi scarponi da viandante distratto. Amen.

Ancora una guerra

L'attacco preventivo contro il programma nucleare iraniano iniziato questa notte dall'IAF non rappresenta una semplice azione difensiva, ma l'inizio di una lunga offensiva i cui preparativi (militari e di intelligence) sono durati anni. L'Iran, come prevedibile, ha già risposto all'attacco lanciando su Israele oltre 100 droni (non ancora arrivati a destinazione, nel momento in cui scrivo). Non è più tempo per azioni fini a se stesse, per indorare la pillola di fronte all'opinione pubblica, l'Iran ha risposto subito per la stessa ragione per cui Israele ha colpito i siti nucleari. Persino l'ONU nei giorni scorsi ha messo in guardia il mondo: l'Iran ha oggi sufficiente uranio per costruire almeno dieci bombe atomiche. Non c'è più margine d'errore: quando gli attacchi cesseranno o non esisterà più speranza per il futuro di Israele (e non solo) o non esisterà più il programma nucleare iraniano. Nonostante i rischi concreti della guerra in corso, credo valga la pena fare almeno tre osservazioni. 
 1) Gli Stati Uniti non hanno nemmeno provato a convincere Israele a non attaccare: coloro che credevano che Trump remasse contro Gerusalemme sbagliavano. Sono abbastanza convinto che, al netto dei tentativi diplomatici di rito (e d'inganno, ma è l'Iran ad aver ingannato il mondo intero), mettere una pietra tombale sulla follia partorita da Obama rappresenti una priorità anche per Washington. Tanto più se il problema viene risolto da altri. 
 2) Sarà interessante vedere quante e quali nazioni arabe sunnite aiuteranno, direttamente e indirettamente, Israele nella guerra contro l'Iran. Anche qui, qualcuno dovrà farsene una ragione: l'Iran degli ayatollah - e le organizzazioni terroristiche che finanzia oggi quel regime islamico - rappresenta un problema per tutti, in Medio Oriente e non solo. 
3) Checché ne dicano e scrivano sottomessi e utili idioti, rimane una certezza: il 7 ottobre 2023 ha cambiato definitivamente il Medio Oriente. Chi ancora non l'ha capito - di nuovo - se ne faccia una ragione. Provi ad usare quella frase infilata un po' dappertutto, spesso a sproposito, negli ultimi anni: niente sarà più come prima. Ecco, per quanto riguarda il criminale massacro compiuto da Hamas, è proprio così. A bamboccioni e provincialotti le bandierine, gli slogan obsoleti e le utopie, agli adulti il compito di provare a pianificare un futuro migliore per l'intera regione.

sabato 21 giugno 2025

ADDIO SARA


Sara il nulla ci assedia
Intimorisce i contorni del ricordo
Contesta il silenzio che solo potrebbe
conservarci.
Ma volte l’assoluto ha un peso
scrissi.
E tu eri già lì
da sempre assieme all’inspiegabile
malinconia cui il vivere così
ci condanna.
Sull’orlo di un diverso destino
era il segno di uno sguardo
che adesso qui si assiepa assieme
alle parole indistinte.
Cercarti non giova.
Sorprendermi restituisce il giusto peso
alle stelle e ai pensieri ogni giorno più
distanti.

venerdì 20 giugno 2025

Differenze

L’islam non ha un aspetto univoco come qualcuno vorrebbe far credere, non lo ha affatto. Basti pensare alle differenze tra sunniti e sciiti, alle persecuzioni nei confronti dei curdi, ai secoli di guerre e sangue scorso tra queste popolazioni apparentemente unite da un sacro vincolo di religione uguale. Il termine fratelli musulmani da questo punto di vista non ha nessun senso: spesso i fratelli si sono scannati a vicenda. La religione cristiana non è da meno. Chi si professa oggi cristiano non dovrebbe dimenticare gli avvenimenti degli ultimi 1500 anni che la storia ci ha mostrato: eresie, roghi, squartamenti, crociate, protestanti, calvinisti, quaccheri etc etc. Non è possibile sorvolare allegramente e per questioni di mera convenienza ideologica su come e quanto l’umanità in toto professi in fondo una sola religione, quella del potere e della violenza che ad essa serve per imporsi.

Appartenenza assoluta

La Repubblica islamica iraniana non smetterà mai di cercare di cancellare Israele, per loro è un dogma religioso. Da decenni ogni giorno il regime ripete "Morte agli USA e morte a Israele" in ogni scuola. Preferisce investire miliardi di dollari in armi e milizie terroriste per distruggere Israele, che usare quei soldi per i propri cittadini. Tanti occidentali non riescono a capirlo, pensano di potere mediare. Ma è come cercare di convincere il Papa a togliere Gesù dai vangeli. Non ha senso. Per loro l’Islam è venuto per rimpiazzare ebrei e cristiani. La terra di Israele è Palestina e appartiene all’Islam, come la Sicilia e la Spagna o i Balcani, e come tutte le terre che sono state sotto occupazione islamica. Per loro le donne e tutte le religioni non islamiche devono vivere come dhimmi in terra islamica, sottomessi, cittadini di seconda o terza classe. Chi parla della Repubblica degli ayatollah senza considerare il fattore dell'estremismo islamico è destinato a sbagliare tutte le analisi.

La superiorità

Il presupposto di una superiorità morale intrinseca della sinistra rispetto alla destra – spesso dipinta in modo caricaturale come fascista e retrograda – merita una decisa messa in discussione. Questo mito, radicato in una narrazione autoassolutoria, non regge a un esame serio della realtà, soprattutto quando si osservano le alleanze e le contraddizioni della sinistra contemporanea. Prendiamo un esempio emblematico: mentre la destra italiana, con Giorgia Meloni, si schiera senza ambiguità a fianco dell’Occidente e di Israele di fronte all’aggressione jihadista del 7 ottobre, una parte della sinistra europea (e non solo) ha mostrato simpatie per cause che poco hanno a che fare con la libertà. Si pensi a chi, in nome di un antimperialismo distorto, difende Putin – l’aggressore di Kiyv – o giustifica gli ayatollah iraniani, i talebani, o persino Hamas, movimento terrorista che opprime tanto gli israeliani quanto i palestinesi. 
La retorica della sinistra si fonda su un suprematismo morale: si autoproclama custode del bene assoluto, mentre bolla l’avversario come intrinsecamente malvagio. Eppure, questa presunta purezza ideologica si traduce spesso in complicità con i peggiori oppressori della storia recente. Se la moralità si misura dalla coerenza nella difesa della libertà e della dignità umana, allora è paradossale vedere certi intellettuali o politici di sinistra inneggiare a regimi teocratici o dittatoriali, pur di opporsi all’"imperialismo occidentale". Meloni, con tutti i suoi limiti, rappresenta un governo che – almeno sulla scena internazionale – sostiene la democrazia liberale contro i suoi nemici. Al contrario, quanti nella sinistra hanno applaudito alle brigate di Hamas, definendole "resistenza", o hanno taciuto di fronte alla repressione delle donne in Iran? La vera immoralità sta nel relativismo che equipara vittime e carnefici, nascondendosi dietro a un antifascismo di facciata mentre si stringono mani sporche di sangue. La sinistra dovrebbe abbandonare la retorica manichea del "noi buoni, voi cattivi" e fare un esame di coscienza. La moralità non si misura dall’etichetta politica, ma dalle scelte concrete: e se la destra oggi sbaglia su molti fronti, la sinistra non può ignorare di aver tradito i suoi stessi ideali progressisti ogni volta che ha scelto di fiancheggiare i nuovi fascismi del XXI secolo.

Esportazioni

Parte inevitabile la solita obiezione moralista: "Ma allora non abbiamo imparato nulla dall’Iraq e dall’Afghanistan? Esportare democrazia con la forza non funziona!" 

Bene, questa retorica è non solo sbagliata, ma profondamente disonesta. 
1) Israele non è l’Occidente, e non sta "esportando" nulla. L’equiparazione tra Israele e le guerre occidentali in Medio Oriente è un falso storico. L’Occidente intervenne in Iraq e Afghanistan con ambizioni egemoniche, spinte da calcoli geopolitici e (in alcuni casi) da ingenuità ideologica. Israele, invece, non è un impero: è uno Stato sovrano circondato da entità che negano apertamente il suo diritto a esistere. Chi parla di "lezione dell’Iraq" dimentica che Israele non confina con la Svizzera o il Belgio, ma con Hezbollah, Hamas e un Iran che finanzia milizie per annientarlo. Non si tratta di "esportare democrazia", ma di sopravvivere. Se altri popoli oppressi dal fondamentalismo islamico (come le donne iraniane, i curdi o i baha’i) vedono in Israele un alleato, ben venga; ma anche se non lo facessero, la priorità di Israele rimarrebbe la propria sicurezza, non un’astratta "missione civilizzatrice". 
2) Israele è un Paese mediorientale, non un avamposto occidentale. C’è una tendenza a proiettare su Israele narrazioni che non gli appartengono. Israele non è un’estensione degli USA o dell’Europa: è uno Stato mediorientale che agisce in un contesto mediorientale. Le sue scelte vanno lette attraverso la logica della regione, non con gli occhi di chi vive in Paesi al riparo da minacce esistenziali. 
3) La democrazia non si impone con la guerra, ma il relativismo non è la soluzione. Criticare l’"esportazione della democrazia" in Iraq e Afghanistan è giusto, ma da lì a sostenere che nessun popolo sia pronto per la libertà il passo è lungo. Il problema non era la democrazia in sé, ma il modo in cui fu imposta: senza costruire istituzioni solide, senza coinvolgere le comunità locali, senza contrastare seriamente il fondamentalismo. Esempi positivi esistono: il Giappone del dopoguerra, la Corea del Sud, il Rojava (prima dell’abbandono internazionale) dimostrano che, se accompagnata da educazione e riforme strutturali, la transizione democratica è possibile. Il vero errore non è volere la fine delle teocrazie, ma credere che basti un intervento militare senza un progetto a lungo termine. E qui arriva il punto cruciale: il relativismo culturale che giustifica dittature e jihadismo in nome del "rispetto delle differenze" è una trappola mortale. Se i popoli mediorientali meritano libertà (e la meritano), allora dobbiamo smetterla di fingere che Hamas o gli ayatollah siano "espressioni culturali legittime". Sono regimi oppressivi, punto. Israele non sta facendo il gioco dell’Occidente: sta difendendo la propria esistenza in un contesto in cui la guerra è imposta, non scelta. 
Chi lo accusa di "imperialismo" dovrebbe spiegare perché, allora, nessuno protesta quando l’Iran arma milizie in mezzo mondo. La verità è semplice: per alcuni, gli ebrei non hanno mai il diritto di difendersi.

NON E' VERO -

Non è vero che mi faccio capire e, allo stesso modo, ciò che scrivo non mi rappresenta quanto io vorrei. Il blog è comunque il confine più vicino ai territori del mio spirito, da lì in poi devi inventarti pioniere. Tutta la mia vita, quella che conta, l’ho trascorsa in un confronto impietoso tra i miei sogni, i miei impulsi e il mondo che m’era toccato di vivere; dopo i 16 anni sono saltato su così tanti campi minati che oggi dovrei essere solo uno storpio, un povero corpo mutilato da ferite non più ricomponibili. 
La libertà, la democrazia, l’amore e la rappresentanza, la società e perfino la storia, tutto questo enorme e composito fardello di idee non sono mai entrate dentro di me in modo naturale e piano: ogni anelito è stato sempre filtrato dalla cultura della mia generazione e dalla musica che ne era la più diretta emanazione. E ciò non l’ho mai compiutamente digerito! Non c’è un concetto più avversato da quelli che nel ’68 avevano 16-18 anni di quello di un tutor, dello stronzo di turno che ti dice cosa e come. E non c’è stata una generazione che, invece, ne avrebbe avuto più bisogno, seduta al limitare fra mondi completamente diversi, divisi da spaccature micidiali, lontani per sempre su tutto. Io non amavo, bevevo letteralmente i testi e il suono delle chitarre dei gruppi rock che stavano “devastando” il panorama musicale di quegli anni: lì c’era ciò che volevo o credevo di volere o, meglio, ciò che qualcuno mi aveva fatto credere io volessi. Altri tutor insomma ma più subdoli perché immensamente amati. 
Questa è la storia della mia vita: guardare la luna indicata dal dito…e prendere sempre una sberla come se fossi ugualmente un’idiota. Pare che non sia possibile vivere, pensare, amare senza l’ausilio indispensabile di una qualche droga, di un aiuto sintetico che ti apra la mente su orizzonti nuovi e validi. Pare che non sia attuabile alcun valido intervento sulla realtà umana e sociale senza scannare qualcuno o sacrificarlo sull’altare di interessi più alti e nobili. Annuivamo nel ’70, continuiamo a farlo oggi. Io sono un uomo sfinito dalla schizofrenia di un’esistenza accompagnata da gente che artisticamente amavo e politicamente e ideologicamente invece non digerivo. So perfettamente che non ricucirò lo scollamento, non certo in questa vita e il senso d’impotenza mi sta uccidendo lentamente e poi sono solo, giustamente e lucidamente solo. C’è una luce particolare oggi sullo Ionio, un filtro di perla per ammorbidire gli spigoli dei miei umori confusi. Anche ora la musica di uno degli artisti che ho amato di più mi porterà fuori dalle secche di questa sera infinita, sarà il dito che ti indicherà la mia luna, ti dirà le parole che io non so pronunciare e avrò la speranza che l’amore in assoluto ricomponga il dissidio di sempre e che scriverlo non sia stato inutile. De Andrè ha già iniziato a raccontare del chimico che conosceva la legge che permetteva agli elementi di convivere senza scoppiare e ancora una volta chinerò la testa per ringraziarlo d’avermi fatto guardare oltre.

IL TEMPO OBLIQUO -

Questo è un tempo obliquo, questo degli ultimi anni: quello che mi divora sul blog e sulla carta. Non posso dire che non mi appartiene ma vorrei che se ne andasse altrove a intorbidare il cuore. Trascorro una buona parte del mio tempo "ludico" su queste pagine elettroniche ma il mio tempo vero è altrove su un poggio a scrutare una porzione di azzurro marino incuneata tra il monte e la vigna; il tempo diretto è un ragazzo senza freni che mi ha raccontato altre storie con altre parole e altre intenzioni. Credevo di incontrarli tutti i visi che ho amato: gli uomini e le donne che, secondo me, dovevano essere tutti qui a vagare fra queste colline e il mare. Si sono celati nel gran corpo della terra: di loro hanno lasciato, qua e là, soltanto l’eco sciolta del loro essere persone…e mi hanno dato una lezione di asciuttezza e dignità. Ho sperato che ci fosse almeno lei, doveva esserci e ho gridato il suo nome al vento ma non è tornato niente indietro: così sono inciampato nei sogni e, adesso, andarmene sarà solo un’illusione. Voglio dirvi che ho camminato tanto da scordare il punto di partenza, che mi sono finto mille altre cose da quest’uomo che guarda ostinatamente davanti a sé. Non c’è astio, non c’è rammarico ma ho capito che non sono più qui: ho capito di avere un senso solo col vento vero sulla faccia, con i ricordi che non si possono raccontare. Quel che scrivo va letto in questo modo, tornare o sparire in un modo o nell'altro fa parte del mio DNA; le pagine hanno questo terribile pregio, restano, le riapri e le usi come trastullo della mente e del cuore quando più ti aggrada. Ciò che si scrive testimonia sempre qualcosa o qualcuno, annullarle equivale ad uccidere definitivamente chi le ha prodotte. Io non le ho annullate.

giovedì 19 giugno 2025

taccuino ritrovato 2- si nasce così

Esiste di fatto il dramma della comunicazione accoppiato a quella specie di questua che facciamo commentandoci fra noi. Ti scrivo- scrivimi- se non mi scrivi non ti scrivo- E se ti leggessi a lungo? Se leggessi le tue righe e ritenessi che sono perfette così come le hai scritte e per tale motivo bastasse solo un - Ho letto! Arriverai qui solo per un mio timido ma serissimo invito o per un caso fortuito, il resto è tutto da definire. 
Con la solitudine interiore ci si nasce e l'abbiamo tutti ma non tutti la riconoscono o la ammettono come tale; dipende dall'indole propria e dalle vicessitudini nostre. Vi sono esseri poi che avvertono il silenzio della vita "altra" anche nel frastuono falso della quotidianità e questo è spesso letale se si è diventati troppo fragili. E' il mio caso: solitudine dentro e fuori...anche con chi dovrebbe starmi vicino e non ci riesce. Perchè non capisce o non vuole? Le distanze culturali in senso stretto e lato sono micidiali, la comunicazione fallace, l'amore che è intima gioia e condivisione appare sempre più lontano e improbabile. Tutti abbiamo timori anche chi sembra un guerriero senza macchia ne paura ed io non so se queste righe possono aiutarvi nelle scelte. Ieri sono stato male da morire ma per altri motivi, oggi mi lecco le ferite. Temo lascino altre cicatrici.
Io guardo il cielo sopra di me e voglio aspettare che questa sera smaltata e sensuale si spenga e mi lasci il tempo di capire e giudicare. La mia vita dorme nell’altra stanza, qui si sente solo il ronzio del ventilatore di raffreddamento del Pc. Silenzio, che meraviglia, così sembra tutto lontano. Anche la rabbia politica e quella esistenziale. E’ il senso della vita che mi sfugge o forse non la so raccontare? Domani mi impegnerò, domani quando questo silenzio imbarazzante sarà terminato.

mercoledì 18 giugno 2025

APERTURA E CHIUSURA

Non avevo pensato di chiudere, avevo solo abbandonato questo guscio su una sedia e il corpo altrove. Ma entrambi soffrivano per la reciproca lontananza. Poi qualche giorno fa, ripassando su queste pagine ho capito che non era giusto, che comunque questo guscio era carico dei miei umori e che doveva vivere, a modo suo, con un tempo diverso, ma doveva vivere. 
Devo confessarvi che spesso negli ultimi mesi ho avuto fortissima la volontà di sempre: cancellare tutto! Eliminare del tutto le tracce del mio passaggio perché questa parte di me, che dovrebbe essere la più intima e amata, mi fa star male da morire. Ho pubblicato tutto o quasi, è trascorso molto tempo, gli scritti non sono mutati, hanno ancora almeno un residuo di valore? Non devo dirlo io permettetemi. Io posso solo dirvi che si è girata la pagina in modo definitivo: siamo così fragili! Qui ho pubblicato il cuore di tutto ciò che ho pensato e scritto in rete e per la rete; ho sempre avuto un atteggiamento contraddittorio e ondivago verso il web e mi pare evidente che esso non poteva essere digerito dalla gran parte dei blogger. Lo ritengo fisiologico. Partendo dai miei furori e dalle mie cocenti delusioni ho fatto in modo che la scrittura dei miei testi vivesse al di là della mia reale presenza accanto ad essi: nel mio progetto questo insieme potrebbe continuare così come lo state leggendo per altri mesi poi finirebbe per inedia. Io potrei già non esserci più in tutti sensi ma se esiste un modo di restare è questo. 
Scrivere e lasciare queste righe che possano essere rivedute, rilette e riconsiderate. Non cercate un nesso logico, concettuale o temporale preciso in ciò che leggerete, non c’è altro che assoluta libertà qua dentro, solo un riflesso di una dimensione che per intero non poteva starci tutta su una pagina ma che ad essa fa riferimento. Riguardo quello che ho scritto negli ultimi ventanni, alcune cose sono così legate alla mia intimità che adesso mi meraviglio di averle palesate in pubblico: forse molti problemi sono nati da questo eccesso di confidenza, ma non ho mai saputo scrivere diversamente. Domani scendo sotto Siracusa, piano piano, mi fermo dalle parti di Vendicari, scelgo un eucalipto frondoso mi appoggio al suo tronco e mi perdo sulla linea azzurrina del mare. Voi non potrete vedermi ma sorriderò. 
 Vincenzo Riccobono

Tommy Robinson

I musulmani e altri sostenitori di Hamas stanno cercando disperatamente di far rimuovere un video per il cosiddetto "discorso di incitamento all'odio islamofobo". Ma cosa c'è di così provocatorio? Tommy Robinson sta semplicemente ripetendo ciò che i musulmani palestinesi gli hanno detto sull'Islam e sull'obbligo religioso di uccidere in suo nome. Questo è successo durante la sua visita in Israele e in Cisgiordania, quando ha scoperto in prima persona che i contribuenti britannici, lui compreso, stanno letteralmente finanziando i terroristi che lanciano attacchi, conducono la jihad e si fanno saltare in aria con orgoglio per "liberare" la terra cancellando Israele e sterminando la sua popolazione ebraica. I sostenitori di Hamas dicono che questo video deve essere vietato, non perché contiene "odio", ma perché chi parla è già nella lista nera. Tommy Robinson è colpevole fino a prova contraria. Non c'è bisogno di smascherarlo: basta affibbiargli l'etichetta di "islamofobo" e i censori faranno il resto. È esattamente così che i media britannici lo hanno messo a tacere per anni. Quindi, se sostenete la vera libertà di parola, non quella filtrata dai punti di discussione dell'ONU e dai pregiudizi della BBC, condividete questo video. Lasciate che la verità parli più forte delle loro campagne diffamatorie.

Il buio e la luce

I testi sono tutti strettamente personali e c’è il copyright. Li ho scritti negli ultimi 40 anni, adesso dormono qui. Non ho altro modo di farveli conoscere se non comunicandovelo presso i vostri blog: spero perdonerete la laconicità del tutto ma io leggo con grande attenzione ma non commento quasi mai. In questo luogo non c’è moderazione sui commenti non ho istinti censori così elevati ma l’esperienza maturata in questi ani in rete mi ha indotto a “proteggermi” in qualche modo dalla stupidità e dalla protervia della rete. Adesso in un contesto di assoluta solitudine inserire la moderazione non ha più senso: me la canto e me la suono da solo.

martedì 17 giugno 2025

taccuino ritrovato 3

Non scrivo di politica ma la conosco bene, non scrivo di storia perchè ho la sensazione che in rete la conoscano pochissimi e che non interessi a nessuno, meglio raccontare ad libitum le proprie fornicazioni sessuali, domestiche, lavorative (tranquilli signori miei manca poco e di lavorativo resterà quasi niente con buona pace di Mattarella e Conte e compiacimento di altri di cui non conosciamo nemmeno il nome). 
Idioti! Siamo una banda di idioti governati da una oligarchia di curiosissimi semidei intenti solo a conservare il loro Olimpo. Noi d'altro canto siamo bravissimi nell'aiutarli; i latini dicevano " divide et impera", così passiamo il tempo a litigare tra noi a sbatterci in faccia le nostre mal coltivate ideologie come merluzzi puzzolenti, lo facciamo tutti me compreso, lo fanno anche i guru di destra di sinistra di lato e di sotto. QUELLI DI SOPRA ci guardano e ridono. Di cosa dovrei scrivere oggi? Certamente di politica o di libertà di stampa. Di storia, di poesia… quale? Di una storia raccontata da sempre ad uso e consumo di una parte, una poesia che invece di volare sopra si perde nei vicoli di una sintassi scontata? Di quale politica? Quella che ha perso tutti i punti di riferimento e perpetua se stessa nei modi e nei tempi di sempre? Quella che non usa il compromesso lecito ma sfrutta il potere di esserci nel modo più bieco? La libertà di stampa ad uso e consumo di una parte pronta, al momento opportuno, a rinnegare il ciclostile da cui è nata e negare, negare fino alla nausea tutto, parole, fatti, storia…persone? 
Il contatto continuo con persone cui è possibile solo concedere un falso apprezzamento stando ben attenti a non commettere nemmeno il più piccolo errore di battitura, a non mostrare mai le radici del proprio pensiero e della propria vita. I blog come diari virtuali ingessati dalla prepotenza altrui, la necessità assoluta di restare dentro i binari che altri hanno posato per far correre le nostre parole. Quello che sogno è di poter tornare ad amare il sogno. Sono diventato insopportabile? A volte credo di sì , sento il peso di un trascinamento incomprensibile e lacerante. Ma esiste anche la coscienza di non aver detto abbastanza, non nel modo giusto. Non legge più nessuno! Le righe ammesse dal nuovo galateo sono poche, sui Social ancora meno; devi far finta di dire in un flash rimandando a improbabili approfondimenti la piena comprensione della tua opinione. 
Stanno scomparendo sintassi, grammatica e punteggiatura, appresso a loro se ne vanno anche la civiltà del dire e pensare, sono i nuovi passeggeri degli elicotteri che faranno la spola tra la tristezza di viverci così e un nuovo ordine nel quale io per fortuna vivrò per poco tempo. L’incomprensione nasce dalla confusione, professore, siamo noi, gli oggetti del potere, a non riuscire a fissare alcun concetto… il potere ha le idee chiarissime. Quando si deve cercare la quadratura del cerchio non si ottiene nè il cerchio nè il quadrato: definire lingua un tweet oppure definire letteratura quella di fb mi sembra realmente una forzatura. Spesso la definizione “lingua” non è adeguata nemmeno a quella molto più seria dei blog. Non mi ritengo maldestro nell’uso di questo mezzo, se voglio posso farne anche quello che voi non immaginate, solo che non voglio perchè così il mezzo non mi rappresenterebbe più. Qui scrive Enzo e il blog deve rassomigliarli, non funziona per me al contrario, nemmeno sintatticamente e linguisticamente. Conosco almeno una decina di persone amici miei che potrebbero gestire un blog in maniera semplicemente perfetta, che scrivono molto meglio di me, che hanno da dire molte più cose di me ai quali l’idea di stare sul web non passa nemmeno per la testa. So di essere un privato che si spoglia in pubblico, so che la nudità intellettuale è la più ambita e la più difficile da sostenere. Ma non fa niente: io scrivo lo stesso. 
All’inizio non la cerchi, non la vuoi e te la senti lo stesso sulle spalle: sta lì, sale e scende, ogni tanto ci discuti anche. Quando il modo cambia non te ne accorgi quasi mai perchè è un gesto subdolo e lento, possono trascorrere anni e tu ci sei dentro, parli con te stesso e credi di farlo con altri ma giri in tondo. E ti abitui a considerare il rumore di fondo della vita che ti scorre accanto come un’articolata discussione; invece è solitudine e si è impossessata di te. Gli spazi che cerco hanno un timbro inconfondibile: mi attraversano e ricompongono le mie fibre ad un nuovo avvenire. Sono i latifondi dell’anima.

Barba e massacri

Andateci voi con questi Barbuti massacratori di donne. Andateci voi con questi maniaci sessuali camuffati da agnelli da padri di famiglia benevoli. 
Andateci voi con questi sostenitori degli impalatori di Gaza. Ripeto impalatori. 
Andateci voi da questi miserabili costruttori di tane sotterranee da cui avrebbe dovuto partire l'ultima definitiva rivolta per il massacro degli ebrei. 
Andateci pure voi. 
Io me ne sto qui, saldamente al fianco di una delle cose più belle che l'umanità abbia mai partorito. Io me ne sto qui al fianco di Israele in difesa della nostra civiltà. Voi fate quello che vi pare. 
L'Iran degli Ayatollà, Hamas, Hezbollah e tutti i mosconi lerci che ci girano attorno teneteveli voi. Io sto con la bellezza, la civiltà, l'evoluzione. Am Israel Chai.

Un guizzo

Se non commento da qui il blog resterà invisibile, non sono certo che sia esattamente ciò che voglio. Della audience non me ne frega assolutamente nulla. Io vivo ormai altrove, ciò che ho scritto resta conservato nei miei archivi personali, col tempo si vedrà. Nessuna delle date inserite è veritiera, i testi appartengono al passato: spostarli in altro tempo è solo un guizzo!

La luce fragile

Non c'è più spazio per la fragilità della luce, il tempo odierno le è ostile. Ho nascosto ogni cosa e l'ho rimandata a un'altra stagione più lontana. La luce si accenderà da sola senza l'aiuto di nessuno e splenderà così come fu pensata finchè potrà. Volavo perchè ero un uccello, nessuno me lo aveva spiegato: osservare il mondo da sopra era l'unica prospettiva che conoscevo. Adesso volo perchè ho imparato e perchè voglio, ci sono molti fucili puntati là in basso, tacciono per ora ma presto faranno sentire la propria voce. Non protesto, non recrimino niente, non cerco spiegazioni salvifiche. Ogni mattina scrollo le ali, prendo la rincorsa e vado via caracollando. Prima ero solo un uccello adesso sono un essere umano.

Tracce

Se scrivi su un blog ti proponi, è inevitabile e avviene al di là della tua volontà. Così sarà anche qui o dovrebbe essere così ma il contesto temporale di questo blog è inusuale, consideralo una specie di libro posato sulle corde del tempo virtuale. La traccia di un'esistenza. Mi considero se non fuori almeno molto defilato rispetto a questo ambiente sia per l'età che per altre caratteristiche non secondarie. Sono un vecchio blogger con molti anni di rete sulle spalle, il tema scelto è persino più vecchio di me, le immagini provengono dalla rete, per il loro copyright lasciate un commento. Tutto il resto, relazioni comprese, sarà palese con la lettura dei post.

Un luogo solitario

Questo luogo è destinato a restare solitario. In rete solo la "visita" presso le case altrui permettono a un blogger di avere visibilità...con tutto quel che segue. Io proverò a non visitare nessuno o quasi e mi autocondannerò a una pagina assolutamente silenziosa e non interlocutoria: la fine di un blogger! Esistono altre motivazioni oltre il proprio personale narcisismo o la follia per mantenere un atteggiamento simile? Se esistono trovatele voi nella remota eventualità che qualcuno capiti qui fortuitamente. Io di certo non ve ne darò agio, i commenti(!?) resteranno liberi proprio per tale motivo: l'immensa libertà della solitudine. Ho iniziato nel 2008 ma la scrittura parte da più lontano, dai primi anni 70: è lì che dovete cercare l'inizio, dal fondo pagina della mia anima, quando trasporre nero su bianco il mio mondo diventò un'abitudine. E’ evidente che le date di pubblicazione originali di questi post siano false, quelle che trovate in calce testimoniano solo “l’odierno”, la data vera risale a ere lontane, talvolta a decenni fa. Non credo sia un vero problema. Le relazioni virtuali non sono mai riuscito a gestirle in modo decente, non ho alternative e troppe le ferite che non riesco a far guarire ma questo non è un blog ad inviti. Cosa sia sinceramente non riesco a definirlo. Stasera tutti i post contenuti qui dentro vengono pubblicati. Spero siano letti con garbo e se possibile commentati allo stesso modo.