È incredibile come il destino dei leaderini delle nazioni musulmane che desideravano cancellare dalle cartine geografiche lo Stato ebraico (ma vale anche per quelli delle organizzazioni terroristiche) sia sempre lo stesso.
Fanno i fenomeni, grandi proclami, piazze piene, minacciano, Allah è grande, massacrano (innanzitutto la loro gente), attaccano Israele. Ottengono qualche "strepitoso" successo iniziale, tipo massacrare a colpi di kalashnikov 1200 persone disarmate colte di sorpresa. E poi perdono. Immancabilmente. In maniera netta e umiliante.
A quel punto comincia la fase due: richiesta di tregue, richiesta di colloqui, richieste di negoziati, richiesta di "diritti al ritorno", fake-news a pioggia e così via. Più le prendono e più avanzano richieste. E più avanzano richieste e più meriterebbero schiaffi in faccia. Si nascondono sotto terra, vigliacchi ed egoisti, e poi scappano, voltando le spalle a quelli ai quali fino al giorno prima avevano imposto fedeltà assoluta, pena la morte. Alcuni ci riescono, altri no. Fine, avanti il prossimo.
Non imparano nemmeno dalla loro storia, una storia di sonore umiliazioni, per lo più cominciate tutte, in epoca recente, nella stessa maniera: una tempesta dal cielo. Non alzano mai gli occhi al cielo, nemmeno quando pregano, la loro religione (islam) ha un significato preciso (sottomissione): il loro orizzonte, fisico ma anche culturale, è la sabbia del deserto. Vorrebbero rubare la Terra agli ebrei, ma non sono nemmeno in grado di controllare i loro cieli. Se fosse esistita l'aviazione ai tempi di Maometto, che mondo sarebbe quello di oggi?
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