martedì 24 giugno 2025

Averla o non averla

Negli ultimi giorni si moltiplicano le voci di chi sostiene che l’Iran avrebbe “tutto il diritto” di dotarsi di armi nucleari. Alcuni arrivano persino a dire che il mondo sarebbe più sicuro se fossero gli ayatollah, e non Israele, a possedere la bomba. È un’opinione che colpisce, soprattutto se si considerano alcuni fatti storici e strategici difficilmente contestabili. 
Israele possiede armi nucleari almeno dagli anni ’60, sebbene non lo abbia mai dichiarato ufficialmente. È uno dei pochi Paesi al mondo a disporre della cosiddetta triade nucleare: la capacità di lanciare testate atomiche da terra, dal mare (tramite sottomarini) e dall’aria. Eppure, in oltre sessant’anni, quelle armi non sono mai state utilizzate, neanche nei momenti più critici. Basti pensare alla guerra dello Yom Kippur del 1973: un attacco a sorpresa da parte di una coalizione arabo-musulmana che colse Israele impreparato, minacciandone seriamente la sopravvivenza. Eppure, anche in quel momento di massimo pericolo esistenziale, l’opzione nucleare rimase solo teorica. Nel corso dei decenni, Israele è stato coinvolto in numerose guerre e ha affrontato attacchi da parte di Stati e gruppi armati decisi a cancellarlo dalla carta geografica. Nessuno di questi attori sembrava temere una rappresaglia atomica, e questo ci dice molto su quanto la deterrenza nucleare israeliana sia stata usata con estrema prudenza, come strumento di difesa estrema, non come leva di minaccia. Allora, perché oggi tanti sembrano più turbati dalla bomba israeliana – che esiste da decenni ed è rimasta silente – che dall’idea di un’arma atomica nelle mani di un regime che settimanalmente invoca la distruzione di Israele, finanzia gruppi terroristici su scala regionale e reprime il dissenso con brutalità? Davvero crediamo che un potere teocratico, ideologicamente ossessionato dall’annientamento dello Stato ebraico, sarebbe altrettanto responsabile, contenuto, razionale? Oppure stiamo semplicemente applicando un doppio standard, dove la democrazia più criticata del Medio Oriente viene giudicata più per la sua identità che per il suo comportamento effettivo?

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