Carmela, ci fu un tempo in cui il nuovo mi accompagnava sempre, spesso mi precedeva e mi faceva la sorpresa dietro l’angolo dei miei passi veloci. Era la letteratura in divenire, l’eros della scoperta e la seduzione dell’universo del dire di noi attraverso un sogno che non potevamo tener tutto racchiuso dentro. Nessuna stagione dura all’infinito se non quella rimasta impigliata tra le pieghe della scrittura e così adesso io ritorno a quel tempo, l’occhio scorre le tue righe e si interroga: la sorpresa è identica, la metamorfosi sospesa si completa. Il sogno si riapre silenzioso. Vorrei che fosse così per tutti ma so bene che è un’utopia. Tu sei una meraviglia ed io ho definitivamente chiuso; ad un compleanno è giusto fare bilanci.
Poi ti sedesti al piano e abbiamo parlato a lungo senza aprir bocca. Eri pieno di luce, il viso rivolto verso l’alto mentre le mani lunghissime e bianche sfioravano la tastiera. Sorridevi e la musica…Dio mio, la musica ci attraversò per sempre, bella come non l’ho mai più udita. Ma una volta può riempire un’intera esistenza. Una volta chiude parentesi che sospirano una fine dignitosa, completa il sogno in un attimo breve. E scompare lasciandoti solo la scia della nostra eternità.
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