mercoledì 2 luglio 2025

La mia guerra, la mia fine e la verità sempre più lontana - anno 2025

Vi lascerò presto e non sarà indolore per il sottoscritto: ho sempre scritto per i fatti miei, non sono mai stato in nessun gruppo, l'omologazione non fa per me, la solitudine che cerco di addolcire da quando avevo quindici anni mi ha azzannato definitivamente in questi ultimi mesi della mia esistenza. 
Non voglio pietismi di alcun genere non mi interessa blandirvi, non voglio visibilità, non voglio gradimenti da riutilizzare al momento giusto. Ho studiato sempre da solo, se non mi convinco per mia riflessione l'istinto mi porta sempre fuori dai consessi abituali. 
Ci sono vari modi per chiudere i rapporti in un ambiente come questo, si può eliminare il blog oppure eliminare i commenti, oppure smettere di frequentare chi abita questo mondo virtuale. C'è infine il modo più snob, dire senza peli sulla lingua la propria opinione su argomenti che già sai come vengono trattati dalla totalità dei tuoi contatti... e non dare alcuna importanza alle conseguenze di tale atteggiamento. Voglio che sappiate che se sarà possibile il  resto degli articoli presenti in questo blog sarà pubblicato a seguire dopo questo sulla questione israelopalestinese; sono mesi che mi sento squassato dalle notizie che appaiono sulla stampa e in TV, che vengo tirato per la giacca dai pochissimi che mi conoscono per scrivere o partecipare a marce, eventi, stendimenti di lenzuola bianche etc etc. Mi parlano ma mi osservano con un certo ansioso sospetto...non piaccio, non concordo. E' la storia della mia vita. 
Non credo al termine genocidio usato a proposito della questione palestinese. Usare a sproposito la parola genocidio è stato ed è un grave errore della propaganda pro-pal, perché se da una parte ha scosso emotivamente molte le persone, dall’altra si sta rivelando una mistificazione che fa perdere credibilità. Ogni persona con un minimo di capacità di comprensione della realtà dovrebbe rifiutare di usarla. A Gaza è in atto una guerra terribile, nella quale una forza di occupazione, Hamas, sta deliberatamente usando il martirio dei civili per i suoi obiettivi, che sono lontani anni luce dalla protezione della popolazione. Se non si capisce questo non può esserci discussione. Questo non significa che gli Israeliani siano senza responsabilità, o sempre nel giusto, anzi. In una guerra come questa sono convinto che molte nefandezze si compiano anche dalla loro parte, e molte sono state fatte negli anni passati, ma rimane un’asimmetria fondamentale tra le ragioni che spingono i due contendenti: Israele lotta per proteggere i propri cittadini, Hamas no. Potrebbe farlo con meno vittime civili? Forse, ma la vera domanda è: il fatto che Hamas si faccia deliberatamente scudo dei civili deve costituire uno stop all’azione militare israeliana? E nel caso, quali alternative ha Israele per eliminare Hamas, garantire la protezione dei suoi cittadini e della nazione stessa, che vive da 75 anni in assetto di guerra per difendersi dai paesi vicini? A questa domanda bisogna dare risposte concrete, perché riposte generiche o non praticabili portano a una sola conseguenza: la messa in discussione dell’esistenza dello stato di Israele, e questo assomiglierebbe molto più a un genocidio di quello di cui blaterano i pro-pal. 
Poi accade che mentre ragioni e ti contorci in riflessioni sul tuo essere umano e occidentale e magari anche cristiano ti capita di ascoltare un certo Alessandro Di Battista, è un’esperienza sconcertante! Alcune sue affermazioni ricordano retoriche che persino le televisioni di Stato tedesche nel 1935 avrebbero esitato a trasmettere, per quanto intrise di un odio antisemita quasi grottesco. Ma è nel dialogo con Rula Jebreal che la propaganda raggiunge vette parossistiche: entrambi attingono a un repertorio di topoi antiebraici secolari, rendendo esplicito ciò che altrove si insinua solo tra le righe. Di Battista, da giorni, insiste su immagini degne del "blood libel", l’antica accusa rituale secondo cui gli ebrei rapirebbero bambini per compiere sacrifici: oggi trasformata in narrazione di "caccia al bambino" da parte di Israele. Jebreal, da parte sua, rilancia l’immaginario del complotto ebraico globale, evocando scenari che sembrano tratti direttamente da Mein Kampf, dove la nascita dello Stato ebraico era dipinta come premessa per la sottomissione del mondo intero. Non meno inquietanti sono le sue parole sull’“espansione virale” del pensiero israeliano, sulla “gazizzazione” dei conflitti mondiali – metafore biologiche e totalizzanti che disumanizzano e colpevolizzano collettivamente un popolo. La guerra, secondo questa narrazione, sarebbe condotta da Israele per il “gusto di distruggere”, mentre Hamas – che governa Gaza – viene descritto come un soggetto passivo, o addirittura eroico, nonostante le evidenze di una strategia fondata sul sacrificio della propria popolazione. 
Oggi, a Gaza, l’idea che un gruppo dirigente possa sacrificare l’intera società civile pur di mantenere il potere e la legittimità della propria lotta armata sembra non scandalizzare nessuno. E così, mentre la stampa italiana finge equilibrio, Di Battista e Jebreal possono portare avanti indisturbati una forma aggiornata di propaganda antiebraica, mascherata da attivismo umanitario. Ma certe immagini, certe parole, certe analogie hanno una storia, e chi le usa sa benissimo quali nervi vuole toccare. 
L'errore più grande, fatale, definitivo, che il cosiddetto popolo palestinese abbia compiuto nella sua breve storia, è quello di credere che potesse esserci "più Palestina" come corrispettivo di "meno Israele" o di "zero Israele". Errore reiterato da otto decenni. Il secondo errore altrettanto fatale, è quello di un Occidente che ha sostenuto e continua sostenere il primo clamoroso errore, presso i palestinesi e l'Occidente stesso. Forse si è ancora in tempo o forse no. Che hamas sia annientato. Che venga distrutto dal cuore, dalle carte e dalla mente delle persone quell'articolo che vuole Israele cancellato. Che palestinesi e israeliani comincino a collaborare. Israele non vede l'ora. Leggiamo tonnellate di notizie, siamo bombardati da video di grande violenza: immagini orribili che grondano sangue: ci crediamo veramente? E' un girandola tremenda. Ma io mi sono fermato e sono andato a leggere anche altro, ho riletto la storia e i suoi documenti, ho riflettuto sui personaggi che ostentano sui media e in Parlamento un'indignazione alta e nobile. Disinteressata? Assolutamente no, 
Hamas fabbrica dati anti-Israele che vengono riportati dal “Ministero della Salute di Gaza” e amplificati senza verifica dall’ONU, dai media e nei social. L’obiettivo? Diffondere l’odio verso Israele e verso gli ebrei. I morti palestinesi ci sono e sono dolorosi per tutti, falsificare i fatti e i numeri non ferma la guerra: alimenta l’odio e la catena di violenza. Penso che Israele si è trovata in una guerra che non ha cercato. Una guerra scatenata da Hamas il 7 ottobre 2023, invadendo Israele, uccidendo in poche ore 1200 israeliani innocenti e rapendone 250. Questo è il FATTO,  I terroristi di Hamas usano la popolazione come scudo umano per proteggersi. Ma non solo: incentivano il sacrificio dei civili (come dichiarato da uno dei leader di Hamas, Sami Abu Zuhri, pochi giorni fa in un’intervista). Per loro è un’arma di guerra. Insieme alla produzione di notizie false, rientra in una strategia ben lubrificata e ormai infiltrata nel sistema di informazione occidentale. Come fermare la catena dell’odio? Verificando le notizie e pensando criticamente. Osservando con attenzione le foto e non prenderle come oro colato...esiste il foto montaggio e la AI . 
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala come altri personaggi più o meno noti della politica , dello spettacolo dello sport  ha deciso in questi giorni di appendere un lenzuolo bianco sulla facciata di Palazzo Marino. Il titolo di questa  buffonata è: "Un sudario per Gaza". C'è una fila lunghissima che spinge per partecipare e farsi notare. Ad accompagnare il messaggio anche la cifra dei "morti" spacciata da Hamas. Si tratta dell'ennesimo caso in cui la propaganda dei terroristi islamici riceve la benedizione istituzionale di un politico di sinistra. Chi è pratico di estasi e misticismo potrebbe anche vedere in questo sudario il volto di un nuovo Gesù Cristo. È un falso anche questo, ma poco importa. Allah lo vuole. Un paio di giorni fa il redivivo Romano Prodi ha indossato il saio per dirci che "Siamo di fronte alla strage di un popolo, sarà per secoli sulla coscienza di Israele e dell'Occidente". Tanto valeva citare direttamente il Vangelo di Matteo: "E tutto il popolo rispose: "Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli"". Amen. Secondo 
Giuseppe Conte la versione jihadista della "strage degli innocenti" metterebbe a rischio la vita di "oltre un milione di bambini" nella striscia di Gaza ( per inciso nella striscia vivono circa 2 milioni di persone  come fanno a esserci una metà di minori?). Siamo all'eucarestia: da "Gaza, prigione a cielo aperto" a "Gaza, asilo nido di Hamas". Si potrebbe continuare a lungo. Al netto del ruolo da utili idioti - consapevoli e convinti - della propaganda jihadista che  viene recitata da oltre un anno, la  liturgia è quantomeno miope. Sala si rifiutò di mostrare un minimo di umanità per le vittime israeliane (persino per la famiglia Bibas, trucidata a mani nude dai terroristi islamici di Gaza). Prodi non prevede alcun peso per le coscienze dei figli e dei nipoti dei terroristi di Gaza o per le coscienze dei figli e dei nipoti del popolo arabo. Conte, bè, Conte è quello che è: dal "modello Italia" che contribuì a causare quasi 200.000 morti durante la pandemia al "modello Gaza" in cui muoiono solo civili, rigorosamente donne e bambini, e zero terroristi. 
Ma non sono dei mediocri rappresentanti della banalità dell'antisemitismo di oggi. Guai a pensarlo. Una persona di sinistra non può essere antisemita, è ontologicamente impossibile. Non lo era Marx, non lo era il comunismo, non lo era l'Unione Sovietica, non lo era il PCI. Non lo sono nemmeno loro. 
Perchè non confessarlo sinceramente? Israele ci disturba Perché ci impedisce di crogiolarci nell’illusione di un mondo perfetto, dove la guerra è stata cancellata. Quella piaga millenaria, che ha accompagnato l’uomo da sempre, noi l’abbiamo relegata al passato, eliminata. E poi arriva Israele. Ci ricorda che, a volte, la guerra è inevitabile. Che serve coraggio per assumersi la responsabilità di uccidere l’altro, quando la propria sopravvivenza è in gioco. Israele ci disturba perché non è politically correct. Non fa tutte le cose a modo. D’altra parte, quando sei grande come la Lombardia e sopravvivi per 70 anni in una regione dove sei costantemente sotto attacco, non stai ancora lì perché giochi pulito. La sopravvivenza impone di sporcarsi le mani. Il cane che viene azzannato, se non salta alla gola dell’aggressore, di solito viene sbranato. Israele ci disturba Perché è realista, non idealista. E questo proprio non va giù a chi si è messo in testa che se sei una democrazia e sei un “giusto”, devi rispettare le regole sempre; stare lì a subire davanti a chi le regole non sa che sono, e all’occorrenza farsi anche divorare. Meglio morto e pulito che vivo e dannato. Ma nella realtà, le cose non funzionano così. Gli Stati suicidi non fanno la storia, spariscono e basta. 
Israele ci disturba perché se sei di sinistra, farselo piacere è del tutto fuori moda. Lo devi odiare per forza o sei messo al bando. Perché la sinistra è idealista e crede nella giustizia universale; nella difesa dei deboli; in quel mondo politically correct fatto di giusti e sbagliati. In quel mondo tanto puro quanto inesistente, perché alla resa dei conti (e lo dice la storia), quell’idealismo ha portato a più morti di qualsiasi porcheria realista. Israele ci disturba Perché ci sbatte in faccia la nostra ipocrisia. Quella del pensare di essere migliori perché stiamo con i “deboli”, anche quando quei deboli fanno stragi, si fanno esplodere sugli autobus, stuprano, sequestrano, lanciano razzi e missili. Allora i deboli li chiamiamo “resistenza” e accettiamo che per loro è normale non avere regole. Israele invece dovrebbe averne. Ma Israele se ne sbatte. Se non vuoi farti ammazzare, i moralisti li chiudi in cantina e butti la chiave. Negano il massacro veramente genocida del 7 ottobre, dicono che non è successo come viene raccontato, negano di aver assassinato civili israeliani, dicono che erano tutti soldati, negano lo stupro di donne, dicono che non ci sono prove, negano la decapitazione di bambini, dicono che è una fake news, negano che cittadini palestinesi "non coinvolti" hanno partecipato al massacro genocida, nonostante i filmati che lo dimostrano. 
Negano l'esistenza dello Stato d'Israele, negano che Israele sia una democrazia, accusano Israele di genocidio, accusano Israele di Apartheid, accusano Israele di crimini di guerra, definiscono Israele uno Stato fascista, uno Stato nazista, uno Stato illegale. Prendono l'organizzazione terroristica di Hamas come una fonte di notizie, definiscono i terroristi palestinesi come "legittima resistenza", "partigiani", "combattenti della libertà"... Però pretendono di essere ascoltati da Israele e che Israele debba fare quel che ordinano LORO! Mi pare evidente che sia assolutamente necessario un lungo e complesso processo di rieducazione nell''umanità che combatte in Palestina perché il martirio è radicato in una visione religiosa fondamentalista. Basti pensare che il verbo usato per indicare qualcuno che decide di fare l’attentatore suicida è “sposarsi”. Non usano mai il termine “suicidio”, che sarebbe proibito dall’Islam, ma quello di matrimonio e martirio. Non so da dove cominciare con ragazzi che sono nati e cresciuti a questa scuola di odio! Lo penso da tanti anni e l'ho scritto varie volte: illudersi che si possa integrare pacificamente un'ampia comunità musulmana, fedele a un monoteismo teocratico che non accetta di distinguere il potere politico da quello religioso, con la società occidentale democratica è impossibile su questo equivoco si è scatenata la guerra in cui siamo. 
Perché l'Islam che negli ultimi venti-trent'anni si è risvegliato in forma acuta - infiammato, pronto a farsi esplodere e assistito da nuove tecnologie sempre più pericolose - è un Islam incapace di evolversi. È un monoteismo teocratico fermo al nostro Medioevo. Ed è un Islam incompatibile con il monoteismo occidentale. Per molto tempo, dalla battaglia di Vienna in poi, queste due realtà si sono ignorate. Ora si scontrano di nuovo. Perché le società libere, come l'Occidente, sono fondate sulla democrazia, cioè sulla sovranità popolare. L'Islam invece si fonda sulla sovranità di Allah. E se i musulmani pretendono di applicare tale principio nei Paesi occidentali il conflitto è inevitabile. Dal 630 d.C. in avanti la Storia non ricorda casi in cui l'integrazione di islamici all'interno di società non-islamiche sia riuscita. Pensate all'India o all'Indonesia. Se invece l'immigrato arriva da noi e continua ad accettare tale principio e a rifiutare i nostri valori etico-politici significa che non potrà mai integrarsi. Infatti in Inghilterra e Francia ci ritroviamo una terza generazione di giovani islamici più fanatici e incattiviti che mai. 
Cos'è il multiculturalismo? Cosa significa? Il multiculturalismo non esiste. La sinistra che brandisce la parola multiculturalismo non sa cosa sia l'Islam, fa discorsi da ignoranti. I cinesi continuano a essere cinesi anche dopo duemila anni, e convivono tranquillamente con le loro tradizioni e usanze nelle nostre città. Così gli ebrei. Ma i musulmani no. Nel privato possono e devono continuare a professare la propria religione, ma politicamente devono accettare la nostra regola della sovranità popolare. Lo so anch'io che l'Inquisizione è stata un orrore. Ma quella fase di fanatismo l'Occidente l'ha superata da secoli. L'Islam no. L'Islam non ha capacità di evoluzione. È, e sarà sempre, ciò che era dieci secoli fa. È un mondo immobile, che non è mai entrato nella società industriale. Neppure i Paesi più ricchi, come l'Arabia Saudita. Hanno il petrolio e tantissimi soldi, ma non fabbricano nulla, acquistano da fuori qualsiasi prodotto finito. Il simbolo della loro civiltà, infatti, non è l'industria, ma il mercato, il suq. 
A eccitare la sensibilità umanitaria verso le vittime di Gaza e invece ad ottunderla rispetto, ad esempio, a quelle ucraine (si potrebbero fare mille altri esempi) non è una particolare predilezione per la causa palestinese, ma uno speciale odio nei confronti di Israele, di molto precedente a tutto ciò che è accaduto dopo il 7 ottobre. L’infamia di personaggi come Conte e di tutto il cucuzzaro sedicente progressista che addebitano a Israele pure l’uccisione dei funzionari israeliani in Canada è appunto questa: di odiare Israele (anche l’Israele che manifesta contro Netanyahu) e di nascondere quest’odio dietro il lacrimevole amore per le vittime palestinesi, come se queste non fossero in primo luogo, e aldilà di tutte le contestabili responsabilità del governo israeliano, vittime di Hamas, programmate da Hamas per affogare la legittimità di Israele nel sangue dei martiri e per legittimare la caccia agli ebrei in tutto il mondo.
La soluzione alla questione palestinese? Non è complicata, ma nessuno la vuole. La soluzione al conflitto israelo-palestinese non è tecnicamente difficile. Il problema è che, per troppi attori in gioco, una soluzione non è conveniente. Servirebbe una road map realistica (e ignorata) 
1. Una coalizione di Stati musulmani moderati (Arabia Saudita, Emirati, Marocco, Indonesia) si fa carico della stabilizzazione di Gaza e del WestBank, sotto mandato internazionale. 
2. Regole di ingaggio ferree: smantellamento di Hamas e della Jihad Islamica, disarmo dei gruppi armati, epurazione dell’indottrinamento jihadista dalle istituzioni. 
3. Denazificazione mirata: eliminazione dell’apparato terroristico, ma senza pulizie etniche - al contrario di quanto Hamas vorrebbe fare con gli ebrei. 
4. Piano Marshall per la rieducazione: scuole che non insegnino il martirio, economia che non dipenda dagli aiuti internazionali, infrastrutture che servano ai civili, non ai tunnel dei miliziani. 
5. Elezione di un governo legittimo, non un regime che usa i bambini come scudi umani. 
Non è colonialismo è realismo. Hamas è la longa manus della Fratellanza Musulmana, finanziato da Iran e Qatar, che ha trasformato Gaza in un buco nero di fanatismo. L’Egitto stesso tiene chiuso il valico di Rafah: sa bene che importare jihadisti è un suicidio. 
Perché nessuno agisce? Perché il conflitto è utile. 
- Alla sinistra radicale: demonizzare Israele è un sostituto del marxismo fallito, un modo per sentirsi moralmente superiori senza doversi sporcare le mani con soluzioni pratiche. 
- Ai regimi arabi: la "causa palestinese" è un parafulmine per distrarre dalle dittature locali. L’Iran ci costruisce un’egemonia regionale, il Qatar ci compra influenza mediatica. 
- All’industria degli aiuti umanitari: ONG e agenzie dell’ONU hanno creato un sistema in cui i fondi per i palestinesi finiscono troppo spesso in corruzione o, peggio, in armi. 
- A Hamas e agli estremisti: un popolo disperato è più facile da controllare. La guerra perpetua giustifica la loro tirannia. 
Il conflitto non è irrisolvibile perché "complesso". È irrisolvibile perché troppi ci guadagnano. E finché la vita dei palestinesi varrà meno dei vantaggi politici che la loro sofferenza genera, nulla cambierà.

1 commento:

  1. Che la guerra sia fonte di guadagno per tantissimi, e per questo sempre innescata, anche in anni di apparente pace, non lo scopriamo certo ora. Funziona così questo mondo, ci si uccide in continuazione, per i motivi più futili e beceri, mi piacerebbe però che chi innesca conflitti, fosse come teletrasportato per primo sul campo di battaglia, e lasciato un attimo solo a scannarsi col dirimpettaio. Dici cambierebbe qualcosa? Io credo proprio di sì.

    RispondiElimina

La moderazione è stata eliminata , ciò significa che lascio passare qualsiasi cosa anche se non corrisponde al mio pensiero.